All’assise una trentina tra esperte e uditrici, ammesse alla discussione, ma non al voto. Padre Costa: «Un apporto costruttivo ed efficace». Suor Alessandra Smerilli: «Dai Padri sinodali grande ascolto nei nostri confronti»
di Annamaria
Braccini
Le donne e il Sinodo, anzi le donne al Sinodo. Una presenza residuale dal punto di vista quantitativo, ma – per riconoscimento unanime – assai significativa. «Essendo il Sinodo dei Vescovi, effettivamente la presenza femminile è molto ridotta», nota il segretario speciale dell’assise, padre Giacomo Costa, che aggiunge: «Per come stanno le cose attualmente, non possono votare, ma hanno la possibilità di partecipare alla discussione in Assemblea plenaria e nei Circoli minori».
Personalmente come giudica questo apporto del “genio femminile”?
L’ho trovato molto positivo e costruttivo, discreto ed efficace. Devo dire che mi sono avvalso di questi contributi, anzi, sono andato io stesso a cercare l’esperienza di alcune delle donne presenti, proprio perché hanno una sensibilità, un modo di leggere la situazione in atto che mi pare indispensabile alla Chiesa e di cui non possiamo più fare a meno. Tra le donne del Sinodo vi è la consapevolezza che non è entrando “a gamba tesa”, ma contribuendo al lavoro e alla fiducia comune, che si ha quello stile specifico che si è fatto notare durante l’Assemblea. Credo che passi in avanti verranno fatti anche forse più rapidamente di quanto ci aspettiamo.
Concorde su questa prospettiva è suor Alessandra Smerilli, Figlia di Maria Ausiliatrice, docente ed economista, al Sinodo come uditrice (tra esperte e uditrici, una trentina le presenze femminili: 7 le religiose, lei l’unica italiana uditrice).
Come giudica la presenza femminile all’Assise?
Chiaramente ristretta, così come quella dei giovani, ma questo in funzione del regolamento vigente. Il punto è se, nel futuro, si riuscirà a cambiare tale regolamento e a far sì che persone non ordinate possano essere, a tutti gli effetti, parte del Sinodo e, quindi, non solo uditori. Allora potrebbe aumentare la componente femminile. L’esperienza vissuta in queste settimane mi dice che, proprio perché così poche, siamo state molto ascoltate. Per esempio, dopo il mio intervento, Cardinali e Vescovi mi hanno ringraziato e si sono soffermati a commentarlo.
Tra voi donne presenti al Sinodo avete stabilito contatti “trasversali”, nel senso che magari avete intrecciato amicizie?
Sì. Ho conosciuto meglio la bella realtà dell’Uism, l’Unione Internazionale Superiori Maggiori. Questo mi ha aperto un mondo: ho visto che c’è una vita religiosa molto attiva oltreoceano, sia nei Paesi nordamericani, sia nel Centro e in Sudamerica. E ciò vale anche per la realtà asiatica.
Da qualche parte si è avanzata l’idea, ovviamente un poco utopistica – almeno per ora -, che in futuro possa essere dato diritto di voto anche alle donne all’interno dei prossimi Sinodi…
Io non credo che sia utopistica. Per il percorso iniziato con questo Sinodo, e per la convinzione con cui ho sentito intervenire i Padri, Cardinali e Vescovi, responsabili anche di Dicasteri importanti, qualcosa cambierà seriamente. Da questo punto di vista sono ottimista: penso che dobbiamo continuare ad avere un’attenzione particolare a tali processi. Ritengo che, forse, la nostra responsabilità come donne sia proprio quella di monitorare il post-Sinodo vedendo e indicando i segni di cambiamento che sono già emersi, che nascono e che nasceranno dal Sinodo stesso, per una Chiesa più fraterna e più inclusiva.