Il profilo e il carisma del fondatore delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento tracciato da una religiosa attiva nella Comunità pastorale di Appiano Gentile, in partenza per Roma con due consorelle per partecipare alla canonizzazione
di Luisa
Bove
Domenica 14 ottobre, in piazza San Pietro, per la canonizzazione di don Francesco Spinelli (1853-1913), ci saranno anche le sue figlie spirituali, le Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento. La casa madre è a Rivolta D’Adda (Cr), ma una piccola comunità è presente anche nella Diocesi di Milano. Tre religiose sono in partenza in pullman da Appiano Gentile, insieme a un folto gruppo della Comunità pastorale «Beata Vergine del Carmelo» che comprende tre parrocchie.
«Per noi è un momento veramente grande – dice suor Giannina Ornaghi -, pensando alle sofferenze che ha patito don Spinelli, alle umiliazioni accettate, al suo perdono… Diceva: “Mi è dolce perdonare”. Lui amava tutti, accettava tutti, non rifiutava nessuna persona, malata o povera. Dava via tutto quello che aveva. Se qualcuno gli diceva che aveva bisogno del letto, donava anche quello!».
Ma chi era don Spinelli? «Era un uomo di carità, di preghiera e di contemplazione», assicura suor Giannina. Nato a Milano da genitori bergamaschi, fu educato alla carità verso i poveri e gli ammalati. Da giovane aiutava don Luigi Palazzolo (oggi beato). Terminati gli studi, entrò nel Seminario di Bergamo. Da prete si dedicò ai giovani e agli ultimi, spogliandosi di tutto. Nel 1875, anno della sua ordinazione sacerdotale, si recò a Roma per il Giubileo e a Santa Maria Maggiore ebbe l’intuizione di fondare un istituto religioso femminile. Vi si dedicò totalmente, ma non mancarono problemi, soprattutto economici, che lo costrinsero a lasciare Bergamo e a trasferirsi a Rivolta d’Adda. Nel suo testamento perdonò tutti coloro che gli avevano fatto del male. Morì il 6 febbraio 1913, giorno della sua memoria liturgica. Le sue spoglie riposano nella casa delle suore a Rivolta d’Adda. Fu beatificato a Caravaggio nel 1992 da Giovanni Paolo II.
Suor Giannina spiega come le Suore Adoratrici incarnano oggi il carisma del loro fondatore: «Nell’adorazione eucaristica. Da lì attingiamo l’amore grande per diffonderlo alle persone che incontriamo, dai bambini agli anziani. Quello che abbiamo dentro noi come carità e amore verso l’Eucaristia, lo diffondiamo a chi ci sta attorno».
Quali attività svolgete a livello pastorale?
Siamo nella parrocchia di Appiano Gentile dove ci sono tantissime attività: catechesi, oratorio, anziani, ministri dell’Eucaristia (noi stesse distribuiamo la Comunione alla Messa). Qualsiasi cosa ci sia bisogno, se possiamo, diamo una mano. Facciamo tutto quello che riusciamo a fare. Vogliamo far capire, soprattutto ai giovani, cosa vuol dire adorare il Signore. L’amore personale verso il Signore, poi, si riversa su di noi.
Riuscite a comunicare questi valori ai giovani?
Noi lo facciamo, poi il Signore fa il resto. Comunichiamo quello che sentiamo e che ci sembra giusto, dobbiamo essere certi che, sempre e comunque, è lui che fa. È lui che trasforma le persone. Quando è possibile noi seminiamo, col sorriso, con la gentilezza, con la carità, poi mettiamo tutto nelle sue mani. Quando faccio catechesi ai bimbi o tengo momenti di preghiera, è poi il Signore a fare il resto.