Don Tommaso Castiglioni, decano di Affori e compagno di Seminario di don Gianola, descrive alcuni tratti del suo carattere e del suo stile pastorale. Funerali giovedì 15 luglio in Santa Maria del Buon Consiglio a Milano e venerdì 16 a Premana (presieduti dall'Arcivescovo)

di Luisa BOVE

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Don Graziano Gianola con papa Francesco

«Non ho un ricordo di don Graziano che non sia sorridente, contento, sereno e allegro». A dirlo è don Tommaso Castiglioni, compagno di Messa di don Graziano Gianola – morto lunedì in montagna durante una gita a Brentonico con i ragazzi – e dal febbraio scorso decano di Affori, che comprende anche la Comunità pastorale in cui il giovane sacerdote svolgeva il suo ministero. «Lo ricordo anche nei momenti più personali e amicali, quando si andava in giro – aggiunge -, ma anche dal punto di vista pastorale, quando ci incontravamo tra preti e lavoravamo insieme».

E cos’altro può dire?
Era un uomo molto libero, innamorato del Signore, che riusciva a superare anche le difficoltà che ci sono sempre nella vita, ma con grande umorismo, con un grande sorriso e con un grande ottimismo. Il suo esempio era di guardare le cose belle, non quelle brutte.

Forse è ciò che resterà anche nel cuore dei ragazzi…
Speriamo che facciano tesoro della sua serenità, che non è la serenità di chi accantona i problemi o non li guarda, ma la serenità di chi li mette davanti al Signore e li lascia trasfigurare nella sua bellezza.

Don Graziano era già così fin dai tempi del Seminario?
Assolutamente sì. Sempre con la chitarra in mano, cantava, ci portava a fare le passeggiate in montagna. Da amico mi consola molto che sia morto in montagna e con i suoi ragazzi, perché sono due delle sue passioni. Una vita compiuta fino alla fine. Aveva appena pubblicato un libro con Ancora, Guariti da Gesù, frutto delle riflessioni fatte durante il lockdown: si tratta di meditazioni a partire dagli incontri di Gesù con le persone malate.

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