La recente udienza di Comunione e Liberazione da papa Francesco ha ricordato il centenario della nascita del fondatore. Don Mario Garavaglia, assistente diocesano di Cl: «Infondeva speranza, desiderava sottolineare la positività della vita. E questo lo trasmetteva soprattutto ai giovani»

di Annamaria Braccini

Monsignor Luigi Giussani
Monsignor Luigi Giussani

Nasceva 100 anni fa. Il Servo di Dio, monsignor Luigi Giussani, sacerdote ambrosiano, originario di Desio, in Brianza, tornato alla Casa del Padre il 22 febbraio 2005, continua a essere nel cuore dei tanti che ne vivono il carisma. Come le decine di migliaia di coloro che si sono ritrovati con papa Francesco in piazza San Pietro per ricordarlo e fare memoria del 40esimo anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione (leggi qui).

A 17 anni dalla scomparsa del fondatore del Movimento, infatti, l’insegnamento di «don Gius», come molti ancora lo chiamano, è attualissimo, come conferma don Mario Garavaglia, assistente diocesano di Cl, che lo conobbe personalmente.

Qual è il lascito di don Giussani oggi?
Il suo carisma più vero credo che risieda nella scoperta di quel “bel giorno” in cui ha sentito presente e vivo Gesù come colui che risponde al cuore dell’uomo. Tutta la sua persona parlava di questa passione per Cristo, di questa scoperta come unica possibilità di pienezza della vita. Poiché, come diceva, il desiderio di ciascuno di noi è scoprire quello che può sostenere l’esistenza, la convinzione che Gesù è presente nella nostra vita lo rende ancora vicinissimo.

In quale occasione ha conosciuto Giussani?
L’ho ascoltato praticamente tutte le volte che parlava in pubblico, ma l’ho incontrato di persona in una circostanza per me molto particolare, in un momento,- avevo intorno ai 40 anni ed ero già prete –  nel quale mi trovavo a dover decidere di una mia specifica condizione della vita. Ricordo che, dopo avermi ascoltato a lungo, mi disse: «Vedo che non hai dormito molto in queste notti». Credevo che avrebbe aggiunto: «Cerca di riposare». Invece continuò, in modo per me inaspettato: «Che il tuo cuore sia sempre così desideroso e inquieto nel cercare Gesù, quindi non accontentarti mai». Parole che non ho dimenticato.

Don Mario Garavaglia

Don Mario Garavaglia

Secondo lei, umanamente, qual era il suo tratto più peculiare? Essere un grande oratore, un “affascinatore dei giovani”?
Secondo me era la sua capacità di abbracciare la persona, l’altro che arrivava davanti a lui così com’era. Una volta disse che, quando si incontra qualcuno, che magari poi non si rivedrà più, è come se il Signore ce lo affidasse per l’eternità. Viveva una passione per l’umano, trasmetteva la speranza, non aveva paura di nulla ed era capace di confrontarsi con tutti. Aveva semplicemente e totalmente a cuore la vita dell’altro.

La scelta prioritaria per i giovani è sempre stata una stella polare per don Giussani.  Di che cosa hanno più bisogno i giovani di oggi, in questa società definita dall’Arcivescovo, proprio nella Messa celebrata in ricordo di Giussani nel febbraio 2022, «disperata e spaesata» (leggi qui, ndr)? Sempre l’Arcivescovo lo chiamò anche «un viandante, un pellegrino»…
Sì, era questo il suo spirito. Ho sentito più volte don Giussani dire che, nonostante i tempi che cambiano, il cuore dei ragazzi è sempre lo stesso. Sono alla ricerca di chi è capace di accompagnarli, di accoglierli, di indicare Gesù come la risposta al loro cuore. Il suo desiderio era sottolineare comunque la positività della vita, non in modo sentimentale, ma per una certezza che accompagna la storia da quando Cristo si è incarnato. Di ogni cosa vedeva il lato positivo e credo che questa attitudine l’abbia assimilata dalla madre, con la quale andava a Messa ogni mattina. Diceva abitualmente che un giorno lei osservò, mentre si recavano in chiesa: «Com’è bello il mondo e com’è grande Dio». Penso che proprio lì sia nata la certezza con cui ha vissuto la sua intera vita.

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