Il rettore per la Formazione al Diaconato permanente in Diocesi: «Il matrimonio offre una caratteristica di concretezza, fedeltà e dedizione “feriale”, e insegna a non amare mai in maniera astratta». In aprile Convegno regionale a Cremona

di Ylenia SPINELLI

Don Giuseppe Como

«Il diacono esiste essenzialmente per ricordare a tutti i battezzati che la vita e la missione della Chiesa si declinano sempre come servizio, non nella logica del dominio, dell’efficienza, dell’apparenza». Così don Giuseppe Como, dal 2012 rettore per la Formazione al Diaconato permanente, sintetizza la specificità di un ministero relativamente giovane, che oggi in Diocesi conta su 144 diaconi (compresi i due che verranno ordinati sabato), l’83% dei quali sono sposati. Per don Como, poi, «il diacono interpella anzitutto il ministero ordinato» e rappresenta una modalità originale di essere clero.

A tal proposito, quanto questo incarico ha arricchito il suo ministero?
Ritengo che questa responsabilità sia finora la più significativa per me dal punto di vista pastorale: mi permette di essere dentro il cammino diocesano, vivendolo da un punto di vista assolutamente particolare qual è quello di un ministero ancora nuovo e per ciò capace di interrogare questo stesso cammino in maniera forte e originale.

Siamo ancora in una fase di “inserimento” in Diocesi, oppure ormai questo ministero è ben consolidato?
È difficile parlare di un ministero ben consolidato, credo però che da solo il Diaconato non riesca a esprimere tutta la sua fecondità; è necessario che tutto il corpo ecclesiale maturi, dando spazio a ministerialità diverse e immaginando modalità diverse di annunciare il Vangelo e di vivere la carità, ma anche di prendere decisioni o di organizzare i tempi e i luoghi dell’azione pastorale.

L’anno prossimo si festeggeranno i trent’anni dell’istituzione di questo ministero in Diocesi: come la figura del diacono, la sua formazione e i suoi ambiti di servizio sono cambiati?
La formazione si è fatta più esigente dal punto di vista accademico e si è organizzata via via in maniera più nitida; gli ambiti di servizio rimangono quelli tradizionali (liturgia, Parola, carità), ma si è osato di più raggiungendo alcune frontiere dell’esercizio della carità (le carceri, per esempio) e si sta praticando in maniera interessante soprattutto la dimensione del Decanato.

Anche il Diaconato permanente ha subito un ulteriore impulso con papa Francesco che invita al servizio, allo stare sulla soglia, all’andare nelle periferie?
Il Santo Padre ci sta insegnando soprattutto uno “stile”, che in una parola definirei decisamente “anticlericale”.

I due diaconi che verranno ordinati sono sposati con figli: quanto l’essere marito e padre arricchisce il ministero?
L’esperienza coniugale e familiare “colora” senza dubbio il ministero diaconale, le due realtà non sono in conflitto; il matrimonio offre al Diaconato una caratteristica di concretezza, fedeltà e dedizione “feriale”, inoltre insegna a non amare mai in maniera generale e quindi astratta.

Altro evento cui state lavorando è il Convegno regionale di aprile a Cremona: ci può anticipare il tema su cui i diaconi saranno chiamati a riflettere?
Il Convegno dei diaconi lombardi si occuperà del senso della dimensione lavorativa dentro il ministero diaconale. Anche i diaconi risentono delle difficoltà che caratterizzano oggi il mondo del lavoro: la sfida è vedere queste difficoltà come opportunità. Il confronto e la conoscenza reciproca dei diaconi delle diocesi lombarde può sicuramente aiutare a conseguire una consapevolezza comune e più precisa su molti aspetti del ministero.

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