L'Arcivescovo ha presieduto il solenne Pontificale della Domenica delle Palme, con cui si è aperta la Settimana Santa che porta alla Pasqua
di Annamaria
BRACCINI
Nella domenica delle Palme, il grande portale di ingresso alla Settimana autentica, tra le navate della Cattedrale, si raccolgono i fedeli che, portando tra le mani l’ulivo, prendono parte al Pontificale presieduto dall’Arcivescovo Mario Delpini. Celebrazione solenne, tradotta anche nel linguaggio dei segni, che si apre con la benedizione delle palme e degli ulivi presso l’altare di San Giovanni Bono e con la processione interna al Duomo a cui partecipano il Canonici del Capitolo metropolitano, i membri dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento, del Sovrano Militare Ordine di Malta e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. Tra i concelebranti anche monsignor Daniel Pacho, sottosegretario per il Settore multilaterale dei rapporti tra Stati della Segreteria di Staro vaticana.
Sull’esecuzione dei tradizionali Dodici Kyrie, peculiari delle Solennità ambrosiane eseguiti dalla Cappella musicale della Cattedrale, il Duomo si colora del verde di palme e ulivi, segno antico di una pace che, mai come oggi, sembra lontana nella terra degli uomini.
Degli «ottusi», ricorda l’Arcivescovo, che siamo tutti noi, di fronte al vero significato dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, come i discepoli che «perplessi non comprendono, vedendo l’entusiasmo delle folle che acclamano il re che entra umile nella sua città».
I discepoli ottusi e la vera comprensione
Una provocazione a chiederci se anche noi, discepoli del Terzo millennio, vogliamo e sappiamo capire davvero.
Il vescovo Delpini interroga infatti i fedeli durante l’omelia. «Se Gesù è il re, perché cavalca un asinello? Se Gesù è il re, il figlio di Dio, perché non scende dalla croce, perché il Padre suo non viene e a liberarlo? Se noi siamo amici di Gesù, perché non riceviamo vantaggi da questa sequela e non siamo messi al sicuro dalle tribolazioni della vita? Se noi siamo dalla parte giusta, dalla parte di colui che estende il suo dominio da mare a mare, perché non abbiamo successo? Perché siamo circondati da disprezzo? Domandiamoci perché siamo insignificanti nel tempo che viviamo».
L’arcivescovo incalza sulla consapevolezza. «In molte case entra il ramoscello d’ulivo benedetto. Ma la gente comprende il significato di questo segno così popolare? Forse è inteso come un buon augurio, come un portafortuna che allontana dispiaceri e disgrazie, forse la sopravvivenza di una consuetudine che evoca ricordi infantili».
«Se non si va – sottolinea Delpini – fino al calvario, fino al sepolcro, fino all’incontro, la vita di Gesù resta un enigma, come quella di ogni uomo vittima innocente della vita e della cattiveria umana. L’ascolto delle Scritture non basta per interpretare le vicende di Gesù e le vicende umane, ma senza le Scritture gli eventi restano enigmatici. Dunque, si arriva a comprendere quando si riconosce in Gesù il primogenito di tutta la creazione. Ogni cosa, ogni vicenda umana, ogni sofferenza e ogni motivo di speranza, trova significato in Gesù».
I passi per vivere la Settimana santa
«Chiediamo la grazia – spiega l’Arcivescovo – di vivere l’esperienza di passare da discepoli ottusi a discepoli istruiti dalla sapienza della croce compiendo ancora, in questa Settimana autentica, il percorso che comprende tre passi: vivere la Pasqua con la partecipazione ai santi misteri celebrati nella Chiesa, ricordare le Scritture con l’ascolto della Parola di Dio e riconoscere in Gesù il significato di tutte le cose, raccogliendo il dono della sapienza della croce».
A conclusione, arriva ancora una raccomandazione da monsignor Delpini. «Invito tutti a portare questo rametto di ulivo nelle vostre case e in quelle dei vicini e degli amici come segno che avete partecipato alla gioia della città che accoglie il Signore, come desiderio di prendere parte ai misteri della Pasqua nella settimana che inizia, come un messaggio della pace che vogliamo costruire perché operatori di pace».