Consacrazione, diocesanità e pastoralità: queste le connotazioni che descrivono il profilo e l'operato di queste figure ecclesiali, che si apprestano a vivere la Giornata mondiale della Vita consacrata
La ricerca condivisa di come crescere nella propria corresponsabilità a servizio del Vangelo in una Chiesa sempre più comunionale. È questo il desiderio che muove la riflessione delle Diocesane, che hanno vissuto il loro primo incontro plenario sabato 20 gennaio a Desenzano, sul lago di Garda, dopo un cammino di conoscenza e di confronto avviato più di dieci anni fa a partire dall’intuizione di tratti comuni nelle loro vocazioni.
A confronto si sono trovate esperienze di servizio pastorale al femminile nate indipendentemente l’una dall’altra, ognuna con una storia e una configurazione propria che riflettono il particolare della Chiesa che le ha generate. Cento donne arrivate nella cittadina del Bresciano in rappresentanza delle Ausiliarie diocesane di Milano, la cui storia inizia negli anni ’60, le Cooperatrici Pastorali di Treviso, presenti nella diocesi veneta dagli anni ‘90, le Collaboratrici apostoliche diocesane di Padova, erette canonicamente nel 2012 dopo una ventina d’anni dalle prime riflessioni, e le Cooperatrici ecclesiali di Vicenza, presenti dal 2008.
«Con questo primo convegno plenario – spiega Manuela Riondato responsabile delle Collaboratrici – da un lato raccogliamo il frutto di questa ormai lunga condivisione e dall’altro intendiamo lasciarci interpellare dal processo di riforma della Chiesa che Papa Francesco ha voluto riprendendo l’eredità del Concilio Vaticano II».
Ricchi i contenuti delle relazioni e dei tavoli di confronto sul comune profilo ecclesiale che hanno preso vita a Desenzano. Come e con tutti i cristiani, le Diocesane sono inserite nella Chiesa al servizio del Regno di Dio: «La nostra identità vocazionale è infatti radicata nel Battesimo – dice Francesca Caramel, responsabile delle Cooperatrici Pastorali –. Quattro sono invece le nostre connotazioni specifiche: diocesanità, pastoralità, dedicazione stabile (vissuta nella forma dei consigli evangelici), come donne, nella e per la Chiesa locale». Sono infatti la presenza nella Chiesa locale, il vissuto ministeriale nelle singole comunità e il riconoscimento di questo con rito pubblico nella particolare consacrazione nelle mani del Vescovo, a qualificare l’identità ecclesiale di queste donne. Un tratto peculiare consiste nella scelta di appartenenza comunitaria, seppur vissuta con differenti modalità: l’identità delle Diocesane non è solo “singolare” ma è riferita all’appartenenza ad un “corpo”, ciascuna non si definisce isolatamente ma nella compartecipazione a una comune vocazione e missione.
«Il nostro servizio pastorale – sottolinea Susanna Poggioni, responsabile delle Ausiliarie – non è un semplice agire nella Chiesa, ma si inserisce nei processi che la edificano, quali l’annuncio del kerigma e la cura e la promozione della comunione. Del resto come Diocesane non abbiamo progetti propri da portare avanti in autonomia, né opere o strutture di nostra proprietà. Siamo presenti, su mandato del Vescovo, nei luoghi ordinari della vita della Chiesa locale, negli organismi di partecipazione e nelle strutture di elaborazione dei progetti pastorali. Là dove di fatto il nostro ministero viene accolto e riconosciuto, esso mostra effettivamente la possibilità per le donne di essere corresponsabili nell’edificazione della Chiesa».
Il convegno di Desenzano lascia in eredità un bilancio certamente positivo. Il confronto ha rafforzato le intuizioni all’origine di queste quattro esperienze affini e, proiettando la riflessione in un orizzonte che supera i confini delle singole Diocesi, permette di intuire come l’esperienza delle Diocesane, nella specificità delle diverse espressioni, può essere ricchezza per tutta la Chiesa, nel tempo presente.
Luca Bortoli e Laura Invernizzi