Il progetto diocesano ha già preso in carico oltre duemila persone uscite dai circuiti occupazionali, molte delle quali alle prese con storie personali o familiari travagliate. Per loro un tirocinio che può portare a un nuovo impiego
di Paolo
BRIVIO
Mille storie, una risposta. Che funziona: magari non per tutti, ma per molti sì. C’è il 39enne che vive con genitori e fratello invalido, principale fonte di reddito la pensione del padre gravemente malato. Il 43enne di origine iraniana, rifugiato politico, che condivide un appartamentino con altri immigrati a 300 euro al mese. C’è il 29enne residente con genitori e due figli gemelli ancora studenti, gravi problemi di salute, nessuna esperienza di lavoro alle spalle. E poi ancora l’uomo separato, ex benzinaio, titolare di un affitto per il quale ha maturato una forte morosità. La donna con problemi di tossicodipendenza alle spalle, compagno disoccupato e tre figli da sfamare. Il 37enne marocchino che ha sempre lavorato in maniera discontinua, moglie casalinga e figlia neonata, la paura dello sfratto incombente. La 38enne del Congo che, non lavorando più dal 2019, ha dovuto rimandare in patria il figlio di 10 anni che non riusciva a mantenere. Persino il 62enne disoccupato di lunga durata, che coabita con la madre quasi 90enne, unica entrata la pensione al minimo di lei…
Insomma mille tragitti tribolati, pervenuti a un approdo sicuro: nessuna ricetta magica, ma il Fondo «Diamo Lavoro» a queste e a tantissime altre persone ha aperto una tangibile prospettiva di cambiamento e di futuro. Sotto forma di tirocinio, quando non addirittura di assunzione in azienda.
Mille storie. E non per modo di dire. Dal Giambellino a Cinisello Balsamo, da Varese a Oggiono, da Magenta a Carate Brianza, nell’intera Diocesi di Milano il Fondo diocesano, coordinato da Caritas Ambrosiana, fino al 31 dicembre 2021 aveva preso in carico (cioè ascoltato, seguito, orientato, consigliato, comunque censito) 2.138 persone, avviandone a tirocinio 781 (nel frattempo, al 31 marzo 2022, lievitate a 902). I percorsi di tirocinio conclusi sono 657, quelli in corso 124. Numeri rilevanti, in un tempo in cui gli inserimenti lavorativi sono tutt’altro che agevoli.
Investire sulle persone
Il Fondo «Diamo Lavoro» è uno strumento di politica attiva del lavoro, evoluzione del Fondo Famiglia Lavoro che la Diocesi aveva varato nel 2008 come risposta alle gravi crisi finanziarie e occupazionali dell’epoca. Si propone di investire risorse sulla riqualificazione professionale di persone disoccupate, per reimmetterle nel mondo del lavoro.
Lo strumento principe di questa azione sono i tirocini, calibrati su misura, in base alle competenze e alle esperienze di ciascun candidato, nell’ampio ventaglio di aziende partner dell’iniziativa. Come conseguenza di questi inserimenti, e talora addirittura come esito immediato, in molti casi ci sono contratti di assunzione (332, sino a fine 2021, dei quali 270 susseguenti a tirocinio e 62 direttamente in azienda). Orientamento, formazione e tutoraggio agevolano il percorso, che fa leva sulle potenzialità comunque esistenti di cittadini attivi e generativi, oltre schemi di aiuto meramente assistenziali. Per finanziare gli inserimenti, senza gravare sui conti di aziende già alle prese con tempi difficili, «Diamo Lavoro» ha sinora impegnato 2.555.570 euro.
E accanto il Fondo San Giuseppe
Dal 2020, per far fronte all’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19, oltre al Fondo per gli inserimenti lavorativi è stata riavviata l’erogazione di aiuti a fondo perduto, grazie al Fondo San Giuseppe, che versa in modo tempestivo un sussidio a chi è rimasto senza occupazione a causa della crisi economica legata alla pandemia. Data la sua natura di strumento “per la sopravvivenza”, tale fondo ha approvato ben 3.342 domande di aiuto (1.110 delle quali hanno ottenuto una proroga, 354 una seconda proroga), impegnando risorse per 7.165.100 euro.
Entrambi i Fondi tornano ora a proporsi come validi e integrati strumenti d’aiuto in un momento storico, come l’attuale, in cui nuvole di incertezza tornano ad addensarsi sul panorama della produzione e dell’occupazione per effetto della guerra in Ucraina. Si tratta di attutire le conseguenze sociali e occupazionali di una nuova, incombente fase di recessione. Mentre ci si preoccupa per la pace tra i popoli e si prega per essa, è necessario continuare a operare per la pace sociale nei nostri territori.