L’importanza e il ruolo della moglie, in una relazione da vivere in termini di integrazione, armonia e integrità, al centro del Convegno regionale in programma a Seveso, con saluto dell’Arcivescovo. Lo presenta don Giuseppe Como
di Ylenia
Spinelli
Sabato 27 aprile, presso il Centro pastorale ambrosiano di Seveso, si svolgerà il tredicesimo Convegno regionale dei diaconi lombardi. L’ultimo organizzato nella diocesi di Milano – quella con più diaconi, 152 di cui 124 sposati, seguita da Brescia con 61 – si tenne al Seminario di corso Venezia nel 2007. Un evento importante, sottolinea don Giuseppe Como, rettore per la Formazione al Diaconato della diocesi di Milano, per la possibilità di incontro e di confronto, cui non mancherà di presenziare l’arcivescovo Mario Delpini per un breve saluto.
Don Como, tema di quest’anno sarà “Matrimonio e diaconato”: quale deve essere il rapporto giusto?
Probabilmente non esiste un rapporto “giusto” per definizione: i diaconi sanno bene che si tratta di un equilibrio sempre in costruzione. Possiamo dire che il rapporto “giusto” è quello in cui nessuno dei due sacramenti viene penalizzato, anzi uno arricchisce l’altro. L’esperienza dimostra che è possibile e non è nemmeno raro.
Ci spiega il sottotitolo: integrazione, armonia e integrità?
Le tre parole vanno lette insieme: l’integrazione tra i due sacramenti (quindi non la contrapposizione, ma nemmeno il semplice affiancamento) è possibile solo dove si percorrono vie di armonizzazione, cioè dove si scopre come l’uno stimoli e renda fecondo l’altro, senza che nessuno dei due venga mortificato o subisca una diminuzione (integrità).
Dietro un diacono che donna c’è o deve esserci?
Di solito c’è una donna credente, capace di accettare un ruolo magari meno appariscente rispetto al marito, ma non meno, anzi spesso più impegnativo, perché aumenta la responsabilità diretta verso la famiglia. Però è anche una donna che vede il proprio matrimonio acquisire una dimensione ecclesiale sorprendente.
Quale il ruolo della donna nel ministero diaconale?
Mi pare di capire che ci sono tipologie diverse: a volte è un ruolo di fondamentale sostegno “dietro le quinte”, altre volte la sposa è molto coinvolta in prima persona nel ministero del marito, in mezzo ci sono altre situazioni più sfumate. Non esiste un modello unico: questa mi sembra una ricchezza, l’equilibrio di una coppia si realizza in modi diversificati.
La statua della Madonna che fissa il crocifisso del Cerano, presente nella cappella di Seveso, può essere un modello per le mogli dei diaconi?
Più che “fissare”, quella scultura mi sembra esprimere l’invito di Maria ad avvicinarsi al Crocifisso e insieme un presentare a Gesù i credenti che sono in cammino. Potrebbe suggerire alle mogli dei diaconi di essere coloro che vigilano sulla radicalità dell’impegno cristiano dei loro mariti e insieme intercedono per il loro ministero, condividendolo per la loro parte.
Esiste una “formazione” anche per le mogli?
Ci sono alcuni momenti durante l’anno nei quali le mogli sono invitate a condividere occasioni di formazione permanente, in particolare durante i ritiri spirituali. In questi momenti sono previsti incontri dedicati specificamente alle spose, in cui anzitutto cerchiamo di dare voce ai loro pensieri e sentimenti.
In Diocesi ci sono mogli che – in qualche particolare ambito – affiancano i mariti mettendoci lo specifico della loro sensibilità femminile?
Sì, ci sono diaconi che vivono il loro ministero con una partecipazione attiva e significativa delle mogli. Non è una regola e non intendiamo farne un modello, sono situazioni che si creano spontaneamente e costituiscono un segno molto efficace.