Messa con l'Arcivescovo per celebrare i giubilei di consacrazione di quasi un centinaio di religiosi. Presente il Vicario episcopale per la Vita consacrata, monsignor Walter Magni

di Annamaria Braccini

Suora

«Ad alta voce, al popolo di Dio, possiamo affermare che la nostra vita è bella e che vale la pena viverla». È la risposta corale che risuona tra le navate della Cattedrale all’inizio della celebrazione dal centinaio di religiosi festeggiati in Duomo nei giubilei di consacrazione.  Il ringraziamento espresso da suor Agostina Viale delle Orsoline di Verona, è per il vescovo Mario Delpini  e per il vicario episcopale per la Vita consacrata, monsignor Walter Magni, e per «l’infaticabile suor Germana Conteri», responsabile dell’Usmi (l’Unione delle Superiori Maggiori d’Italia) per l’Arcidiocesi di Milano.       

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«Siamo qui proprio per dire grazie a voi e dare gloria a Dio che ci ha chiamati e ci accompagna sempre», scandisce l’Arcivescovo nell’omelia ispirata dalle Letture appena proclamate (Atti 2, l’Epistola paolina ai Filippesi nel primo capitolo e il Vangelo di Luca 24 con l’episodio dei discepoli di Emmaus), rivolta alla Vita consacrata il suo triplice ringraziamento.   

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La gratitudine 

«Ci sono momenti in cui sembra che la Chiesa cammini tra i rovi, circondata da atteggiamenti ostili, da parole che pungono. Ogni giudizio graffia: impigliata in mille modi non riesce a procedere», sottolinea monsignor Delpini. Ma sono proprio questi terreni dolorosi, osserva subito dopo, che possono essere trasformati «da esperti giardinieri».

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Il riferimento va ai consacrati, «giardinieri che hanno trasformato il terreno invaso dai rovi in un giardino di colori e profumi. È l’impresa di cui parlano gli Atti degli apostoli: la Vita consacrata, infatti, si spinge là dove c’erano i rovi, cioè povertà, sofferenze, ignoranza, estraneità a ogni opera che si possa considerare buona. Celebriamo il giubileo per dire che avete lavorato, pregato e amato con perseveranza. Vi siete fatti apprezzare e voler bene. Perciò la Chiesa gode il favore della gente. La Chiesa, così, esprime il suo volto amabile godendo il favore di tutto il mondo».

L’aiuto alla missione apostolica e l’ardore per la missione 

Il sostegno portato all’«apostolo la cui agenda e il calendario sono un delirio dove si incrociano mille impegni», al quale religiose e religiosi «si affiancano, offrendo una collaborazione affidabile, un’intesa cordiale, nel riconoscimento dei doni da scambiare».

Il secondo ringraziamento è rivolto all’opera di cooperazione per il Vangelo. «La specificità dei carismi – sottolinea – Delpini – non è una motivazione per costruire mondi paralleli, attività che si ignorano, istituzioni chiuse in sé. Piuttosto c’è una Chiesa con molti carismi, tutti per l’utilità comune, tutti per il Vangelo. Forse l’essere più poveri e più affaticati ci può convincere a una condivisione più cordiale, più ordinaria, più costruttiva». .

Infine, di fronte all’evidente tristezza diffusa tra la gente di oggi come tra i discepoli di duemila anni fa, arriva il terzo ringraziamento del vescovo. «La malinconia di una frustrazione irrimediabile è il velo di grigiore che copre i colori della vita. Belle cose, belle parole, belle promesse, ma la realtà è diversa. Le buone ragioni per essere tristi, delusi, frustrati sono così evidenti che i discepoli  – che camminano verso Emmaus, parlando della condanna e della crocifissione di Gesù –  si meravigliano che ci sia qualcuno che non è anche lui triste e grigio.  Ma il viandante sconosciuto – il Signore –  non si rassegna e rimprovera i discepoli rassegnati».

C’è quindi un terzo motivo di gratitudine per la testimonianza delle festeggiate e dei festeggiati. «Avete custodito l’ardore, siete vivi di uno sguardo che riconosce Gesù presente, profezia di una speranza che merita di essere coltivata e annunciata. Siete lieti testimoni del Risorto. Grazie perché mostrate il volto amabile della Chiesa, collaborate al Ministero apostolico per l’annuncio del Vangelo e custodite l’ardore dando testimonianza».

Dopo l’omelia, il momento della rinnovazione dei voti, con l’accensione di tante colorate fiammelle e il ringraziamento per il dono della Vita consacrata, che prosegue fino alla conclusione della celebrazione suggellata dal Magnificat. «Sia questo un canto del cuore e non solo delle labbra», augura l’Arcivescovo alle festeggiate alle quali consegna il dono di alcune icone rappresentanti la Sacra Famiglia e Maria.

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