Nell'ambito della Sagra della Madonna del Pilastrello serata con l'Arcivescovo in preparazione al Sinodo: «Lo sguardo alto rivolto verso la meta ultima allevia la fatica del cammino»

di Cristina Conti

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Ringraziare il Signore per quello che ci dona ogni giorno, vivere la vita come una missione, tenere lo sguardo verso la vita eterna. Sono solo alcune delle sollecitazioni che monsignor Mario Delpini ha lanciato nel corso del suo recente incontro con i giovani di Bresso, in occasione della Sagra della Madonna del Pilastrello. Il tema – “Protagonisti nella vita” – era ispirato a una frase di San Giovanni Paolo II («Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro») e la serata era pensata in vista del Sinodo sui giovani, a cui partecipa lo stesso Arcivescovo.

Prima le domande dei giovani, da cui sono emersi un forte senso di fatica, la difficoltà di proseguire il discernimento immersi nella molteplicità delle attività di ogni giorno e di dare continuità al proprio impegno nella vita cristiana. Poi le risposte di monsignor Delpini, che ha voluto soprattutto incoraggiare i suoi giovani interlocutori. Contro la stanchezza e il forte sentimento di sfiducia che pervade la società contemporanea è importante, secondo l’Arcivescovo, mantenere lo sguardo diritto alla meta: «Durante il cammino si è stanchi, si prova fatica, perché si porta il peso dello zaino. Ma bisogna guardare alla meta, alla Terra Promessa dove si deve arrivare. Forse questo manca alla società contemporanea». Desiderio di sistemarsi, di vedersi realizzati, di fare quello che piace: sentimenti importanti, certo, ma che non bastano a un cristiano. Ha spiegato Delpini: «La meta è più alta, più grande, più attraente. È il Regno di Dio, la vita piena, la certezza di vivere in Dio, la speranza che non delude. Quello che facciamo non è volontarismo o una forma di dovere, ma è orientato a un compimento».

I cristiani impegnati oggi fanno tante cose. Lavorano, si dedicano agli altri, sono attivi in parrocchia. Ma troppo spesso il futuro ultimo non è desiderato. «Oggi si vive come per morire. E questo mi preoccupa – ha continuato l’Arcivescovo -. Perché da come vivo qui predispongo la vita e il cuore a entrare nel compimento. La vita eterna è l’incontro con Gesù, la Comunione con il Padre». E oltre allo sguardo alto rivolto verso la meta, è importante anche dedicare il giusto tempo a tutte le cose: «È il ritmo che ci salva. La regolarità nei tempi», ha aggiunto. Lavoro, preghiera, ma anche tempo per la riflessione e per il discernimento, per stare con le persone della propria comunità e per dialogare con gli altri. La settimana scandisce il nostro tempo. E la domenica è per noi il primo giorno, quello da dedicare al riposo e a Dio: «Deve esserci infatti il momento per recuperare le ragioni per cui facciamo le cose. La fraternità ci incoraggia, lo scambio della testimonianza, il ritmo è obbedienza alla vita», ha continuato l’Arcivescovo.

Il cristiano è inviato nella storia in missione. È chiamato a confrontarsi con chi non crede. Essere derisi, disprezzati, incontrare indifferenza, sono situazioni da mettere in conto. È una fatica che si fa volentieri. «Dobbiamo riprendere la capacità di stupirci di ciò che c’è nel mondo. Tante volte, quando giro per le parrocchie e le comunità, mi stupisco nel vedere tanta gente che fa del bene. Certo, se ne parla poco. Per i giornali non fa notizia. Ma lamentarsi è come gettare un po’ di polvere sull’oro», ha spiegato mons. Delpini. E questo sguardo di stupore deve essere condiviso nella comunità, in un’amicizia che guarda verso la meta comune.

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