Don Switbert ha attraversato il mondo fino al nostro Paese per coltivare la sua passione al Piams, che ora ha raccolto la sua testimonianza
Don Switbert Mujuni è originario della Tanzania, e in Italia studia musica al Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra. Per molti anni questa passione ha subito ripetute interruzioni, perché nel suo Paese non ci sono ancora oggi luoghi di formazione adeguati e docenti professionisti.
Una inclinazione che si lega però a doppio filo con la vocazione: la scelta di don Switbert di diventare sacerdote è cominciata proprio per la sensibilità che aveva per la musica sacra.
«Probabilmente vi chiederete – comincia Don Switbert – il motivo per cui un prete di 44 anni della Tanzania ha scelto di intraprendere un rigoroso studio per diventare un musicista di chiesa professionista: quando potrò servire il Signore in tale veste avrò 50 anni, ma dato che condividere la forza e la bellezza della Musica Sacra con la mia gente è stato un sogno di tutta la mia vita, sono sicuro che la mia forza interiore sarà sempre fresca».
Come è nata la passione per la musica sacra?
«Fin dall’infanzia mi sono avvicinato agli inni tradizionali cattolici attraverso i miei genitori, che sono stati istruiti da missionari europei, i quali avevano tradotto questi canti nella nostra lingua. Mia madre mi ripete spesso che questi canti mi appassionavano, e dicevo che il mio sogno era quello di essere un prete attraverso il canto. Durante i 10 mesi di catechesi per la Prima Comunione, ogni mattina dal lunedì al venerdì camminavo per 7 chilometri per partecipare puntualmente alla messa delle ore 7:00 ed ascoltare cantare i miei insegnanti: il catechista Clemensius e il signor Alfred, ex seminarista dell’Università Gregoriana di Roma».
Raccontaci qualche episodio legato alla difficoltà di studiare musica nel tuo Paese
«Si dice che la necessità sia la madre dell’invenzione. Dato che inizialmente non avevo e non potevo permettermi una tastiera, mi sono ritrovato a dover creare una sorta di tastiera utilizzando materiali disponibili localmente: ho recuperato delle scatole su cui ho disegnato l’immagine di una tastiera e mi sono esercitato su di essa. I miei fratellini venivano sgridati se manomettevano la mia tastiera, ma mi vedevano come un pazzo. In seminario fortunatamente avevamo l’harmonium».
«Un giorno – prosegue – ho permesso ad un amico di esercitarsi sul prezioso strumento, e questa cosa ha provocato l’ira del nostro insegnante: rimasi molto sconcertato da come il mio gesto di gentilezza fosse considerato così negativo. Con i miei primi allievi purtroppo non sono riuscito pienamente ad insegnare musica perché le mie poche conoscenze non erano sostenute da un buon metodo».
La storia completa è disponibile sul sito del Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra.