«Attirerò tutti a me» è il richiamo biblico scelto per il Sinodo minore, a raffigurare una sola famiglia umana, multiforme per lingua, cultura, tradizione e religione, ma unita nell’amore che riproduce il modello trinitario
di don Alberto
VITALI
Responsabile Ufficio per la Pastorale dei Migranti, Segretario Commissione di coordinamento per il Sinodo “Chiesa dalle genti”
«Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me»: sono le parole con cui Gesù annuncia ai discepoli e alla folla l’imminenza e il significato della sua passione, morte e risurrezione. Ed è l’immagine biblica scelta per il Sinodo minore «Chiesa dalle genti».
Per Gesù, quindi, la sua «Ora» – come il Vangelo di Giovanni chiama la Pasqua – consiste in una «elevazione» che però, a differenza di altre famose assunzioni (cfr quella di Elia, descritta in 2Re 2), non lo rapisce, allontanandolo dagli umani; anzi, esercita su di loro un potere d’attrazione, che li rende inseparabili.
Il primo effetto è la raggiunta pienezza della comunione con lui: niente e nessuno potrà ormai separarci, perché il vincolo che si crea trascende ogni logica e dinamica terrena; con lui e per lui veniamo effettivamente elevati in una dimensione «altra», trascendente, quella di Dio.
Il secondo, immediata conseguenza del primo, è un’inedita unione anche tra gli uomini, perché per la prima volta – nella sua plurimillenaria vicenda – l’umanità si sperimenta per quello che è nel progetto di Dio: una sola grande famiglia. Multiforme per lingua, cultura, tradizione e religione, ma unita nell’origine e nella mèta. Unita anche nell’amore concreto e solidale con cui ciascuno è chiamato a prendersi cura degli altri, riproducendo sulla terra il modello trinitario, come indica il documento preparatorio del Sinodo: «Il mistero pasquale è anche rivelazione del volto primo e ultimo di Dio. Attraverso la storia della salvezza Dio si fa conoscere come Trinità – comunione d’amore. Tutti gli uomini sono stati creati a immagine e somiglianza della Trinità, in cui la perfetta unità si mostra come relazione d’amore nella differenza» (p. 19). «[Questo Sinodo] è un’occasione provvidenziale per riappropriarci del nostro essere e ripensare la nostra prassi pastorale, sotto lo guida dello Spirito di comunione che unisce in unità popoli diversi per lingua, costumi e provenienza, diventando così più incisiva nella società plurale» (p. 21).
Il Sinodo ci sta quindi aiutando a vivere anche la Pasqua, con tale consapevolezza e disponibilità.