«Non è un cammino astratto, va in profondità e riporta in superficie quello che c’è sotto», spiega Andrea Swich, 24enne a cui l’esperienza di discernimento vocazionale ha dato una svolta nella vita
di Luisa
BOVE
Andrea Swich è un giovane come tanti, frequenta l’università, esce con la sua ragazza e si incontra con gli amici. Poi la svolta, anche grazie al Gruppo Samuele, le domande, i dubbi, le riflessioni e infine la nuova scelta. Oggi, 24 anni, è un seminarista in seconda teologia ed è contento. Ha deciso di abbandonare gli studi di fisioterapia alla Statale di Milano, gli mancavamo pochi esami e il tirocinio, per non ritardare l’ingresso in Seminario.
Ma andiamo con ordine. Da ragazzo frequentava l’oratorio di San Maurizio a Vimercate, poi da adolescente ne ha preso le distanze. Grazie a un suo amico è rientrato e ha iniziato a fare l’educatore e l’animatore la domenica e durante l’estate.
Come ha conosciuto il Gruppo Samuele?
Attraverso un’amica educatrice che aveva già partecipato al cammino e mi ha invitato alla giornata di presentazione. Mi sono convinto perché vedevo come lei stava crescendo e l’apporto di qualità che dava al gruppo educatori. Da fuori ci rendevamo conto ed era evidente che lei stesse camminando e crescendo, non solo a livello introspettivo, ma anche rispetto ai contenuti. E così nel 2018-19 ho iniziato anch’io questo percorso.
Quali erano le sue attese?
Non avevo attese particolari, ma intendevo capire cosa volevo dalla vita e cosa Dio voleva da me. Già l’esperienza della Gmg a Cracovia nel 2016 era stata una “bomba”, per il clima che si respirava, per i momenti di preghiera. Gli stessi concerti non erano solo per festeggiare l’umanità, ma significavano molto di più. Alla fine ho aperto gli occhi e ho sperimentato concretamente che c’era Qualcuno dall’altra parte.
Poi è approdato al Gruppo Samuele…
Sì. Ed è stato un percorso molto bello e vero. Il Gruppo Samuele fornisce tanti strumenti per rileggere la propria storia e dare ordine ai desideri e ai sentimenti, fino alla progettualità. A volte si pensa che il cammino sia troppo astratto e campato in aria, invece è molto concreto, anche con “esercizi” da fare a casa durante il mese. All’inizio non avevo in mente di entrare in Seminario, ma mi rendevo conto che Dio non faceva solo parte della mia vita, ma c’era qualcosa in più e non mi bastava dedicargli qualche ora alla settimana.
Intanto aveva la ragazza?
Sì, ero fidanzato da 5 anni, ma dopo 6 mesi ho capito che c’era qualcosa che non quadrava nella mia vita. In effetti il Gruppo Samuele è come l’aratro: va in profondità, butta fuori e riporta in superficie quello che c’è sotto. Intanto il campo lo ha ribaltato. A metà percorso le ho detto che stavo facendo il Gruppo Samuele, lei è una ragazza molto intelligente e acuta, certe cose quindi le intuiva. Mi ha detto: «Va bene, camminiamo insieme e poi vediamo dove va». Non è stato facile.
Aveva capito che il Signore la chiamava al sacerdozio?
No. Quando a marzo ho partecipato a cinque giorni di vita comune del Gruppo Samuele avevo un dubbio molto forte: usciva spesso l’idea, non tanto del Seminario, ma di dedicare la mia vita a Lui, con esclusività. Un po’ la rigettavo, ma tornava sempre fuori e alla fine è riemersa in modo spontaneo».