A 50 anni dalla nascita dell’organismo voluto da Paolo VI nel contesto post-Conciliare, alle 11 Messa in Duomo con l’Arcivescovo e i Vescovi lombardi (diretta tv e web). Il futuro? In ascolto dei poveri per includerli a pieno titolo nella comunità
di Luciano
GUALZETTI
Direttore di Caritas Ambrosiana
Venerdì 2 luglio Caritas Italiana celebra insieme a tutta la Chiesa italiana i primi 50 anni di presenza nel nostro Paese. In quel giorno l’Arcivescovo di Milano e Metropolita della Lombardia celebrerà un Messa in Duomo alle 11 insieme ai Vescovi lombardi e agli operatori e volontari delle Caritas lombarde. Diretta su Chiesa Tv (canale 195 del digitale terrestre), sul portale www.chiesadimilano.it e su Youtube.com/chiesadimilano. Un’occasione di ringraziamento al Signore per tutto quello che Caritas ha rappresentato per la Chiesa italiana e per il Paese.
Il 50° di Caritas Italiana è un appuntamento tanto più significativo, quanto più si riconosce l’originalità dell’organismo pastorale voluto da papa San Paolo VI e realizzato dal primo presidente di Caritas Italiana, don Giovanni Nervo, come uno dei frutti del Concilio Vaticano II, insieme alla riforma liturgica e al rinnovamento della catechesi. Una scelta che superava la visione prettamente assistenziale della Carità, orientandola verso la centralità della persona, la rimozione delle cause della povertà, la promozione della pace e della giustizia e l’attivazione di percorsi emancipativi dei poveri. Una carità parte integrante della missione della Chiesa che, con la testimonianza e attraverso le opere, annuncia in modo più credibile il Vangelo agli uomini e alle donne di oggi.
Non a caso una delle svolte operate dall’introduzione della Caritas in tutte le Diocesi fino alle parrocchie, è stata la sottolineatura della sua prevalente funzione pedagogica. La sua attività, infatti, come commentò Paolo VI nel primo Convegno ecclesiale di Caritas Italiana, «non si misura con cifre e bilanci, ma con la capacità che essa ha di sensibilizzare le chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi». Cioè nel suo aspetto spirituale, che non può essere relegato alla sola, pur importante, dimensione personale, ma incide sulla dimensione sociale, culturale, economica, politica. Così come ci invita ancora oggi papa Francesco quando ci esorta a superare il rischio di separare fede e vita: «La proposta è il Regno di Dio (Lc 4,43); si tratta di amare Dio che regna nel mondo. Nella misura in cui Egli riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti. Dunque, tanto l’annuncio quanto l’esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali» (Evangelii gaudium n. 180).
E per fare questo la Chiesa italiana ha più volte ribadito l’indicazione post-conciliare della costituzione della Caritas parrocchiale in ogni parrocchia. E insieme raccomandato che «nelle parrocchie più grandi è opportuno realizzare anche una struttura di servizio ai poveri che, aggiungendosi agli edifici destinati al culto e alla catechesi, sia segno della dimensione caritativa della pastorale» (Convegno Ecclesiale di Palermo 1995). Auspicando una testimonianza della carità della comunità strettamente integrata nella pastorale, in particolare con la liturgia e la catechesi.
Oggi, dopo 50 anni, le Caritas parrocchiali sono una presenza della Chiesa diffusa e capillare. Nella sola Diocesi di Milano sono 920 su 1.101 parrocchie (84%), promuovono quasi 400 Centri di ascolto e una pluralità di opere-segno (mense, empori, fondi diocesani, rifugi notturni e centri diurni per senza dimora, centri di accoglienza per italiani e stranieri, per donne sole o vittime di tratta, padri separati, malati di Aids, anziani e disabili…), che incontrano e soccorrono le migliaia di famiglie in difficoltà purtroppo presenti anche nei nostri ricchi territori.
Il 50° di Caritas Italiana è stato vissuto come occasione per riflettere sulla storia, ma anche sul futuro della Caritas. È stato avviato un percorso di discernimento, perché non sia una celebrazione formale, ma un cammino vero di ridefinizione della Caritas del futuro. Per confermare quegli ambiti e quelle azioni che più di altre oggi sono profetiche e possono aggiornare il mandato della scelta preferenziale dei poveri, di animazione della comunità, dell’esigenza di giustizia e della pedagogia dei fatti propri della Caritas, nel nuovo contesto ecclesiale e sociale. Affinché Caritas svolga un servizio ai poveri e un servizio ministeriale alla Chiesa assumendo i compiti a essa assegnati di promozione, coordinamento e intervento nelle emergenze.
Il percorso proseguirà anche grazie alle riflessioni ascoltate in occasione delle celebrazioni dal Santo Padre e dal nostro Arcivescovo, ma soprattutto in un atteggiamento di ascolto ai veri maestri, che sono i poveri. I quali, proprio perché deboli, diventano maestri e generatori di un nuovo sguardo di conversione, creando le condizioni per una nuova evangelizzazione delle relazioni, della cultura, dell’economia, della politica, delle istituzioni. Per un loro radicale rinnovamento evangelico. La Caritas in fondo ha questo compito di cerniera tra i poveri che incontra e la Comunità. Perché vengano inclusi e si sentano protagonisti del proprio riscatto, ma anche del cammino della comunità che li aveva esclusi.