L'Arcivescovo ha presieduto la celebrazione del Corpus Domini, con la Messa e la Processione eucaristica fino all'Ospedale Niguarda
di Annamaria
Braccini
Il gesto minimo che magari non impegna – come donare il sangue, un poco del proprio tempo, qualche soldo -, ma che dà tanto, testimoniando che la vita, ogni vita, è un dono ricevuto e da offrire per il bene personale e comune, per la Chiesa e per la società. Questo l’invito rivolto dall’Arcivescovo al migliaio di fedeli che prendono parte alla solenne celebrazione diocesana del Corpus Domini, con la Messa da lui presieduta nella parrocchia di San Dionigi nei Santi Clemente e Guido e la processione snodatasi per le vie del Decanato Niguarda-Zara per giungere al grande piazzale d’ingresso dell’Ospedale Niguarda. Luoghi significativi, perché domenica 11 giugno, con le ultime due celebrazioni in Sant’Angela Merici e San Paolo, parrocchie di questo Decanato, si conclude la Visita pastorale di monsignor Delpini alla Città di Milano, iniziata nel gennaio 2022.
La Messa e la processione
Tra gli ariosi spazi della chiesa, gremita di persone di tutte le età che si affollano fin sul sagrato, concelebrano i membri del Consiglio episcopale milanese, i Canonici del Capitolo metropolitano della Cattedrale e tanti sacerdoti della città, tra cui il parroco di San Dionigi don Giovanni Pauciullo, che rivolge il saluto di benvenuto iniziale. Ci sono i Diaconi permanenti, i Ministri straordinari della Comunione eucaristica, i religiosi, le suore, i gruppi liturgici parrocchiali, i rappresentanti dei Consigli pastorali, delle Confraternite, degli Ordini cavallereschi e dei Terz’Ordini, le espressioni delle Cappellanie straniere a dimostrazione di una Chiesa sempre più “dalle genti”. Non mancano, come tradizione, i gonfaloni del Comune – rappresentato dall’assessore Marco Granelli, con la fascia del primo cittadino -, della Città metropolitana (con il consigliere Giorgio Mantoan), della Regione Lombardia, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (presente il rettore Franco Anelli), di associazioni religiose e civili, del volontariato e delle articolazioni ecclesiali quali l’Azione Cattolica.
Dopo la celebrazione eucaristica – tra canti, preghiera, silenzi meditativi, le letture tratte dai Vangeli di Luca e di Giovanni, dalla proposta pastorale dell’Arcivescovo Kyrie, Alleluia, Amen, e dalla Lettera apostolica di papa Francesco sulla formazione liturgica del popolo di Dio Desiderio Desideravi – si avvia la Processione articolata in quattro tappe: «Un rito che ci insegna a pregare», «Un rito che ci introduce al Mistero», «L’eucaristia ci fa passare dall’ io al noi», «L’eucaristia ci educa alla carità e alla pace». Tutto per definire il senso del Corpus Domini 2023, dal titolo «Eucaristia: scuola di preghiera e di vita», come evidenziano le parole dell’omelia dell’Arcivescovo che, in processione, porta tra le mani il Santissimo Sacramento posto in un prezioso ostensorio ambrosiano d’argento e smalti. In riferimento al Corpo e al sangue di Cristo, ma anche in un chiaro richiamo simbolico a Niguarda, il primo elogio dell’Arcivescovo è per i donatori di sangue.
«Donare sangue, tempo, qualche soldo»
«Desidero incoraggiare a donare sangue tutti coloro che ne sono in condizione. La presenza di tanti ospedali e case di cura nella città di Milano invita a considerare l’essere donatori di sangue come una forma diffusa di solidarietà senza preclusioni, senza protagonismi, senza bisogno di riconoscimenti e di applausi. I donatori sono uomini e donne di ogni condizione e convinzione, di ogni cultura e origine e in ciò che può prolungare la vita fisica di un altro e dare sollievo, si esprime non solo il dono di una cosa, ma una consapevolezza che la vita è un dono, che è vocazione a diventare dono. Questa obbedienza, consapevole o inconsapevole che sia, rivela qualche cosa del mistero profondo dell’essere umano: riveliamo, infatti, nell’agire, la somiglianza al Figlio di Dio che fa della sua vita un dono fino alla fine».
Poi il pensiero va a chi dona un poco del proprio tempo libero al volontariato: «Desidero fare l’elogio e incoraggiare quelli che sono l’anima e il sostegno di tante iniziative di solidarietà che rendono ogni angolo di Milano e della Diocesi un angolo sorridente». Anche se, nota, non mancano le difficoltà del ricambio generazionale e della vita di oggi, ormai divenuta per molti complicata: «Il lavoro, il pendolarismo, la molteplicità degli impegni di famiglia, tutta la vita costituiscono un ingranaggio che logora, consuma, esaurisce le energie e non lascia tempo per il bene che si vorrebbe anche fare. Eppure – spiega -, io incontro dappertutto persone che, non potendo fare molto, però donano tempo per un’ora di doposcuola, per una iniziativa di domenica, per un servizio di carità al centro di ascolto, o in molti altri modi. Donare tempo, talora, è più difficile e complicato che semplicemente “dare una mano”: per questo, se intendi la vita come un dono, prova a calcolare quanto tempo puoi donare. Basterà e si moltiplicherà».
Infine, coloro che contribuiscono, anche solo materialmente, alla carità e alla Chiesa: «Non si tratta tanto dell’elemosina che serve a mettersi a posto la coscienza», chiarisce subito l’Arcivescovo, ma «piuttosto di un senso di appartenenza all’umanità, alla comunità, alla Chiesa che si esprime nel donare qualche soldo. Mi fa molto pensare il constatare che quando in chiesa si fa la raccolta delle offerte ci siano persone che neppure pensano che la mano tesa sia rivolta a loro. Non mancano i soldi per una serata con amici e per un viaggio interessante, ma per le necessità della Chiesa, per le esigenze della carità, si sentono per principio esonerati». Insomma, «il senso di appartenenza a una comunità non si esprime con la pretesa di un servizio o di un diritto, ma piuttosto in una disponibilità a servire, in qualunque modo, anche con qualche spicciolo».
Gesti su cui richiamare l’attenzione
Gesti – tutti questi – considerati da taluni di poco valore, ma sui quali «è opportuno richiamare l’attenzione, quando si dice che è il sistema che è sbagliato. Qualcuno, forse, pensa che applaudire il gesto minimo possa distogliere l’attenzione dalla drammaticità dei problemi e dalla perversione di un sistema iniquo e ingiusto. È il sistema sanitario, della produzione, dell’organizzazione del lavoro, del welfare sociale che devono cambiare; tuttavia, contemplando l’offerta che Gesù fa di sé, ci lasciamo convincere a praticare i gesti minimi che sono un segno di un certo modo di intendere la vita», anche se «non si tratta di ridursi a qualche piccola opera buona, quasi che basti a riscattare tutta una vita vissuta in modo sbagliato, tutto un sistema che umilia l’umanità, e soprattutto i più deboli, o di illudersi che bastino i gesti minimi».
Ormai è buio, quando si compie il quinto momento del rito, con la preghiera universale, l’adorazione, il tradizionale canto del Tantum ergo e la benedizione solenne dell’Arcivescovo, che invita anche a partecipare al pellegrinaggio diocesano a Loreto e Assisi, da lui guidato all’inizio di settembre.