Dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles la Chiesa locale e la comunità islamica si sono trovate a collaborare a un documento sottoscritto congiuntamente e a un affollato incontro interreligioso. Nella convinzione che il dialogo nasce dalla conoscenza reciproca

di Claudio URBANO

iniziativa interreligiosa a Mariano Comense

Un manifesto sulla pace scritto a sei mani, una festa e una preghiera interreligiosa, una cena, un percorso di conoscenza reciproca. Tanto è stato fatto a Mariano Comense dalla comunità cristiana e da quella islamica per ribadire l’impegno delle fedi per la pace, fino al pomeriggio trascorso insieme, domenica 22 maggio, nel palazzetto dell’oratorio di San Rocco.

La volontà di un’iniziativa concreta nella direzione della conoscenza reciproca è venuta dalla comunità musulmana dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, e le prime parole del manifesto sembrano una preghiera recitata a caldo dopo quei tragici eventi. «Abbiamo davanti agli occhi le vittime degli attentati, in questi giorni così bui ci rivolgiamo a tutti i nostri concittadini e vicini di casa per portare davanti a tutti la nostra tristezza e il nostro dolore. Noi non accettiamo questa violenza, non perché non entri in un nostro schema o in una nostra visione del mondo, ma perché ripugna all’umanità», hanno scritto i cittadini marianesi di entrambe le religioni, invocando da Dio il dono della pace, e impegnandosi ad «amare il mondo» invece che «rifarlo a nostra misura», e a costruire una «società basata sul rispetto reciproco delle diverse identità religiose e culturali, senza discriminazioni e senza nostalgie del passato».

Non solo ideali, ma impegni che passano dal vivere fianco a fianco: «Aiutiamoci sempre di più anche qui a Mariano, cercando di sviluppare tutti quei momenti di fraternità e solidarietà che già esistono», è l’invito del manifesto.

Così in effetti è stato anche nella preparazione del documento e dell’incontro interreligioso. Alessandro Frigerio, uno dei tre laici che hanno collaborato alla stesura del testo per la comunità cristiana, spiega infatti che non sono mancate le diffidenze nel mettersi a lavorare fianco a fianco insieme alla comunità islamica, così come fino all’ultimo la buona riuscita dell’incontro è stata in dubbio. Tutto fugato, poi, dalla partecipazione di 300 persone, in un palazzetto pieno, e da un’iniziativa che ha riscontrato il favore di tutti.

La regia del pomeriggio – tiene a sottolineare il parroco di Mariano, don Luigi Redaelli – è dovuta anche alle indicazioni di don Alberto Vitali, responsabile diocesano della Pastorale dei Migranti. Dopo i gesti maggiormente significativi, la preghiera islamica e quella cristiana, la dichiarazione congiunta sulla pace, lo scambio di ulivi tra parroco e imam, la conoscenza reciproca è passata attraverso l’esperienza dei cinque sensi, con immagini, musiche e profumi italiani e dei rispettivi Paesi d’origine, lo scambio della pace e al termine una cena multietnica.

«Per noi è stato importante soprattutto il lavoro di preparazione del manifesto – sottolinea Frigerio -. Siamo partiti da zero, in tre per la comunità cristiana come per quella musulmana, semplici persone senza alcun prete o imam. Ci siamo scambiati il numero di cellulare e abbiamo organizzato il tutto in modo paritario», racconta con una punta d’orgoglio. Ognuno ha inserito un riferimento peculiare della propria fede. Il richiamo al «Dio Unico e Misericordioso» per gli islamici, per i cristiani alcuni versi – «ci impegniamo noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso» – dell’Impegno con Cristo di don Primo Mazzolari. Insieme all’impegno a denunciare qualsiasi forma di violenza, e a costruire il perdono già nelle proprie famiglie.

«Dopo gli attentati di Bruxelles abbiamo capito che non potevamo non proporre l’iniziativa, nonostante la prevedibile diffidenza reciproca», perché «quando vedi qualcosa di ingiusto devi dare il tuo contributo», spiega le ragioni della comunità islamica locale Oscar Cisse, originario del Senegal. Aggiungendo che si può essere credenti e portare segni esteriori di adesione alla propria fede, come la barba per gli uomini, e allo stesso tempo integrati nella società, perché integrarsi significa «portare dentro la nuova casa ciò che si ha di positivo».

Un incontro di fede che sembra aver favorito realmente anche la conoscenza quotidiana. «Ci ha stupito – racconta sempre Cisse – sia la collaborazione con la Chiesa e i cittadini di Mariano, sia la partecipazione della comunità islamica, mai così presente a un incontro comune in tutti questi anni». «Prima era gente che vedevamo solo incontrandoci per strada, ora ci siamo scambiati il numero di cellulare e ci siamo conosciuti», ribadisce Frigerio. Don Redaelli aggiunge una sfumatura ulteriore: «Per noi non erano persone estranee. Con molti, però, la conoscenza era dovuta solamente alla risposta alle necessità quotidiane», attraverso l’assistenza della Caritas a diverse famiglie. «Ora, invece, siamo passati da una conoscenza funzionale a un dialogo, alla conoscenza umana e spirituale».

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