Ridurre i consumi e ottimizzare la gestione, ripensare gli stili di vita e creare le comunità energetiche rinnovabili per un futuro più sostenibile: se ne è parlato in Curia in un convegno concluso dall'Arcivescovo, che ha sollecitato l'impegno delle istituzioni
di Annamaria
Braccini
La crisi energetica è un fenomeno «che tocca tutti, anche la nostra Chiesa e la Pastorale», lo stare insieme, senza dimenticare «chi non ce la fa, i deboli», nella consapevolezza «che si stanno allentando i legami perché reagiamo con paura, isolamento e poca visione di futuro».
La crisi e i nuovi stili di vita
Sono queste le espressioni che il vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale, monsignor Luca Bressan, usa per definire la situazione nella quale ci troviamo, aprendo e moderando il convegno diocesano «Riscoprirsi comunità di fronte alle crisi energetiche». Nella sala convegni dell’Arcivescovado in presenza e via streaming sono molti quanti seguono i lavori, a testimonianza dell’interesse per un tema ormai divenuto cruciale a ogni livello, dal pagamento delle bollette dei singoli cittadini alle istituzioni. Quelle, nazionali e internazionali, che l’Arcivescovo – presente all’intera mattinata – richiama ai propri doveri nei confronti della comunità, anche se è evidente che – sia nel piccolo, sia nel grande – ognuno deve giocare la propria parte, chiedendosi – secondo quanto papa Francesco indica nell’enciclica Laudato si’ (vai allo speciale) – «come custodire le energie che generano la vita».
D’altra parte, nota ancora Bressan, «è innegabile che nella Chiesa, come nella società, sia in atto un risveglio ecologico», cui hanno contribuito il Papa, Expo (vai allo speciale) e, un anno fa, la 49esima la Settimana sociale di Taranto (vai allo speciale): «Non ci sono ricette magiche, ma occorre camminare insieme con un esercizio di comunione ecclesiale e ricordando che la Chiesa ha già affrontato tante sfide: pensiamo alla fondazione delle cooperative agricole a fine Ottocento o alla ricostruzione del dopoguerra. Insieme vogliamo percorrere questo cammino come esempio di conversione missionaria».
Il ruolo della Chiesa italiana
«La crisi non durerà solo questo inverno, ma almeno due anni, come dicono tutti gli indicatori, quindi, dobbiamo uscire da una logica di emergenza per guardare a sfide più grandi», sottolinea Sebastiano Nerozzi, segretario delle Settimane sociali, che richiama come la Settimana di Taranto (non a caso intitolata «Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro: #tuttoèconnesso»), «abbia aperto piste di lavoro, quali il consumo, il voto con il carrello della spesa e la finanza responsabile, l’alleanza intergenerazionale e di genere».
Ma cosa sono le comunità energetiche rinnovabili (Cer)? «Sono un soggetto giuridico autonomo, e possono esserlo, dunque, anche enti religiosi. Producono e autoconsumano energia da fonti rinnovabili e, facendo questo, generano benefici ambientali, economici e sociali. Comunità che, recependo le normative di legge, possono contare su vantaggi fiscali, tariffari, finanziari attraverso anche incentivi. L’obiettivo è un’accelerazione della transizione energetica in cui la Chiesa sente importante fare la propria parte e lo sta facendo in maniera molto tempestiva», spiega Nerozzi, evidenziando, tuttavia, il grande ritardo internazionale rispetto ai desiderata dell’Agenda 2030 e, a livello nazionale, nei criteri attuativi da cui dipende molto del futuro delle Cer.
Sono 35 le comunità energetiche finora costituite in Italia, che attualmente possono accedere alle cabine primarie di media alta tensione per un massimo di potenza installata (una notevole quantità) di 1 megawatt/ora. E cosa significhi, in termini non solo di risparmio, lo si comprende subito leggendo i dati che parlano di un costo medio del gas, ad agosto 2020, di 9,15 euro per mw/ora, arrivato nell’agosto scorso a toccare i 339,10 euro, laddove, per l’energia elettrica, i 91,30 euro mw/ora del marzo 2020 sono diventati a luglio 2022, 298,37.
«Secondo l’Università di Padova, 9 milioni di italiani soffrivano di povertà energetica nel 2020, ma ora possiamo facilmente immaginare che questa fetta di popolazione sia aumentata. È importante incidere nel quotidiano facendo rete ed essendo presenti sui problemi che la realtà territoriale vive. C’è un cammino di informazione da intraprendere, comprendendo la fattibilità del Cer, per poi passare alla costituzione giuridica e alla progettualità delle stesse. Tante diocesi si stanno muovendo, ci sono primi esperimenti, incontri di formazione e vi è un monitoraggio da parte dell’Ufficio nazionale di Pastorale sociale del Lavoro che ha istituito un tavolo tecnico e un servizio nazionale di assistenza alle diocesi su questi temi», ricorda Nerozzi.
Le esperienze sul territorio
Dunque, obiettivi mondiali, nazionali e locali, come ben descrive il progetto che interessa quattro Comuni della provincia di Cremona, illustrato da Giuseppe Dasti: «Un’iniziativa partita all’indomani di Taranto, con progetti pilota presentati per un bando Cariplo e concentrati in ambito comunale con la parrocchia promotrice insieme al Comune e a un ente no profit significativo del quel territorio». Soresina, Piadena Drizzona, Sospiro e Grussola, i quattro Comuni coinvolti con progetti già assegnatari del bando di Fondazione Cariplo.
Particolarmente interessante l’esperienza di Turano Lodigiano, presentata da Fabrizio Prestinoni di Sorgenia, dove dall’1 aprile 2022 è operativa la comunità energetica “Solisca”, che comprende la parrocchia, 23 famiglie e 9 utenze comunali. Uno della cinquantina di progetti di Sorgenia «che fa perno su 50,000 kw/ora di potenza, avendo evitato l’emissione di 26 tonnellate di Co2 con un risparmio per il Comune di 10.000 euro».
Il Gruppo d’acquisto diocesano
Daniele Ferrari, amministratore unico del Gruppo d’Acquisto Diocesano, scandisce. «Riuniamo 850 parrocchie su 1006 della Diocesi. Non bisogna dimenticare che, se come singoli siamo in debolezza verso il mercato, uniti rappresentiamo una potenza. Infatti, la parrocchia, da sola, sul mercato non ha valore, mentre più siamo e più contiamo. Per ora, l’unica soluzione possibile per contenere i costi è non consumare troppa energia, ottimizzando gli spazi (fondamentale, per esempio, per gli oratori o i saloni parrocchiali), riducendo le temperature di 1 grado e i tempi di accensione del riscaldamento. Ma la questione è di più ampio respiro: basti pensare che l’Osservatorio di Confcommercio dice che, entro l’anno, rischiano di cessare 120 mila attività. È necessario affrontare le Cer organizzandosi».
L’impegno di Caritas ambrosiana
Così come fa da tempo Caritas ambrosiana, con una precisa scelta di rispetto dell’ambiente, coniugata con il sostegno alle povertà», secondo quanto nota il direttore Luciano Gualzetti che cita le cinque R dell’economia circolare, «Ridurre, Riutilizzare, Riciclare, Recuperare, Rigenerare».
Per fare tutto questo servono, ovviamente, comportamenti virtuosi e coerenti (promossi anche all’interno della stessa sede di Caritas, come pure tra i dipendenti e i volontari), stili di vita nuovi, realizzazioni concrete come il Refettorio Ambrosiano, il progetto “Energia in periferia” che sta interessando il quartiere di Quarto Oggiaro (leggi qui), la Cooperativa Vesti solidale e l’istituzione dell’Area Povertà Energetiche. Tornano, allora altre cinque R, quelle del cosiddetto welfare generativo: «Raccogliere, Redistribuire, Rigenerare, Rendere, Responsabilizzare».
A tirare le conclusioni è, infine, l’Arcivescovo.
L’intervento finale dell’Arcivescovo
«Abbiamo considerato un punto specifico, dentro un problema complesso e molto più ampio – sottolinea -. Chiediamoci cosa occorre fare. Certamente una vita più sobria, un adeguamento alla situazione, con quei percorsi di solidarietà che ci competono da sempre. Mi pare che questo itinerario dal basso, che parte dalle realtà locali, possa essere molto significativo. Ci è congeniale che le comunità cristiane siano un luogo di riflessione, di azione, di percorsi concreti nella logica dell’essere attenti alla realtà territoriale, essendo tutti connessi. Dobbiamo essere un esempio, un gruppo che si unisce, pensando a tutti coloro che non ce la fanno, con una visione globale. Ciò che possiamo fare nel nostro piccolo è un rimedio, ma, essendo cittadini e non clienti o una claque, dobbiamo pretendere dalle istituzioni, alle quali abbiamo dato fiducia con il voto, che si faccia qualcosa».
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