San Fedele, Sant’Alessandro e Santo Stefano: prima del raduno finale in piazza Duomo, sabato 18 giugno queste le tre “location” in cui, tra giochi dell’oca, karaoke e momenti di preghiera, si delineeranno le possibili vie alla “santità”. Ne parlano i rispettivi referenti per l’animazione

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di Claudio URBANO

Da quelle appena nate a quelle con molti anni alle spalle, da quelle con pochi pensieri a quelle che attraversano momenti di difficoltà. Sabato 18 giugno a Milano sono invitate proprio tutte le famiglie, per condividere l’infinita varietà della propria vocazione. Prima di radunarsi in piazza Duomo, a partire dalle 17 potranno incontrarsi in tre piazze vicine: tre piccole agorà dove tutti – genitori, figli, anche persone separate – avranno lo spazio per raccontare, o anche solo rileggere, la propria storia.

Situazioni diverse

Alberto e Marta Scarsetto con i figli

«Preparare questo incontro è qualcosa che ci ha stupito», testimonia Marta Scarsetto, che con il marito Alberto animerà piazza San Fedele, dedicata alla relazione tra i coniugi. Qui le famiglie di Equipe Notre Dame, Incontro matrimoniale, Gruppo Acor, Retrouvaille hanno pensato a una piazza in cui tutti potranno trovare il proprio spazio, qualunque sia la casella della vita in cui si trovano. Non a caso al centro ci sarà un grande gioco dell’oca, scandito dalle tappe che ogni famiglia, prima o dopo, attraversa: dal fidanzamento alla nascita di un figlio, fino a un lutto. Oppure, anche, una separazione. «Ci siamo chiesti come poter accogliere tutti», evidenzia Marta. Da qui il gioco dell’oca: «Perché si possono fare programmi, ma poi ci si trova ad affrontare una situazione diversa – osserva Alberto -. Ed è importante, allora, poter fare scelte che ci accompagnino sulla strada di Dio». «Si può camminare anche se il percorso non è lineare, conferma Marta, che ammette: «Spesso pensiamo che la storia di una famiglia segua sempre una direzione univoca, prestabilita: prima il fidanzamento, il matrimonio, poi i figli. Ma non è sempre così! C’è chi un figlio lo ha subito».

Da una generazione all’altra

Simone e Silvia Di Sora

Quasi inevitabilmente una cesura, nelle famiglie, si sperimenta quando i figli iniziano a cercare una strada autonoma rispetto ai genitori. Ripercorrere il filo che tiene unite le generazioni sarà il tema di piazza Sant’Alessandro. Qui papà e mamma, bambini e nonni potranno fare una foto insieme, costruire il proprio albero genealogico, oppure cimentarsi in un karaoke intergenerazionale, coi nonni a sfidare i nipoti nelle canzoni della loro epoca, e viceversa. «In tutta sincerità immaginiamo che avremo pochi adolescenti, perché ovviamente in questa età non si fanno le cose coi genitori», commentano Simone e Silvia Di Sora, che con l’Azione cattolica animeranno la piazza insieme a Comunione e Liberazione, Famiglie per l’accoglienza, Anania. Loro stessi hanno due figli adottati, ora adolescenti. «In famiglia ognuno ha esigenze diverse, ma solo nel confronto si trovano gli strumenti per camminare insieme», sintetizza Simone. Un discorso valido anche se si guarda al rapporto dei giovani con la Chiesa: «i ragazzi cercano un’identità autonoma rispetto ai genitori ma non rispetto agli adulti in generale – osserva Simone -. Per questo è importante che, oltre a noi, altri adulti possano essere figure di riferimento».

Dentro la società

Marco e Lucia Gibelli con i figli

Proprio l’incontro con altre famiglie è la missione di Marco e Lucia Gibelli, che vivono presso la parrocchia Sant’Eugenio nel quartiere popolare di Calvairate, zona est di Milano. Sono una delle «Famiglie missionarie a km0»: insieme a Rinnovamento nello Spirito, ai Focolari e alle coppie dei Salesiani sabato ricostruiranno in piazza Santo Stefano tutti i luoghi che scandiscono la routine di una famiglia immersa nella società: l’edicola per incontrare le storie di altre famiglie missionarie, il palco per la musica e le favole per i bambini, fino alla chiesa – in questo caso San Bernardino alle Ossa – dove si potrà vivere una preghiera guidata e l’adorazione eucaristica.

«Su invito di un parroco, ormai sette anni fa abbiamo pensato che avremmo potuto metterci al servizio della Chiesa locale – racconta Lucia, spiegando lo stile della porta aperta -. Gesù bussa, e dietro di lui c’è una fila di persone. In parrocchia non abbiamo un ruolo prefissato: ci mettiamo in ascolto dei bisogni e poi facciamo delle proposte che viviamo insieme agli altri, senza dover essere per forza noi i soggetti trainanti».

Ultimo esempio, la festa per la fine del digiuno insieme alle famiglie ortodosse e musulmane, grazie al fatto che quest’anno la fine del Ramadan cadeva pochi giorni dopo la Pasqua. «Il quartiere diventa quasi una famiglia allargata – sottolinea Lucia -. Si scopre che ciascuno di noi, anche solo aiutando la famiglia del compagno di scuola, vive normalmente quelle piccole scelte che possono costruire una comunità. Ci sono insomma tante piccole fiammelle su cui lo Spirito può soffiare».

La chiave è dunque quella del camminare insieme e dell’accoglienza. Lo ribadisce Marta: «A volte pensiamo che solo il nostro percorso sia quello corretto. In realtà, quello di tutti ha un valore. E tutte le famiglie, appunto, possono essere sante».

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