Quattro anni e mezzo fa la famiglia Cozza di Figino Serenza ha preso in affido un minore arabo: «All'inizio ci sono molti pregiudizi, poi vinti attraverso la conoscenza reciproca». Oggi il giovane ha imparato un lavoro e sta per andare a vivere da solo, «ma sa di avere in noi i suoi punti di riferimento»
di Cristina
CONTI
Aiutare chi ha meno possibilità noi a crearsi un futuro. Questo il desiderio che ha animato Marco e Maddalena Cozza di Figino Serenza, vicino a Cantù (Co), a prendere in affido un minore. «Avevamo già tre figli, ma volevamo allargare la famiglia a qualcuno che aveva meno possibilità di quelle che avevano loro», racconta Marco. Così si sono rivolti a don Massimo Mapelli, che gestisce un centro per minori stranieri non accompagnati della Caritas. Dopo qualche mese nella loro casa è arrivato Islam: «È venuto qui da noi quattro anni e mezzo fa, quando aveva 16 anni e aveva appena finito la terza media, perché ovviamente aveva iniziato il percorso di studi in ritardo». Approdato via mare sulle coste italiane, Islam parlava arabo: «Come in tutte le relazioni, quando le persone si conoscono poco, all’inizio scattano molti pregiudizi – sottolinea Marco -. A partire dalla lingua che sentivamo parlare, tanto diversa dalla nostra e a cui non eravamo abituati. Ma questi problemi si vincono attraverso la conoscenza reciproca. Adesso conosciamo i suoi pregi e i suoi difetti, come lui ormai conosce i nostri». Una scelta d’amore e di coraggio, insomma.
Frequentare la scuola in un Paese straniero. Capire cosa piace, come orientarsi, avere consigli su come scegliere la formazione più adatta alle proprie capacità per trovare un lavoro dignitoso e diventare autonomo, continuando a vivere in Italia. Un sogno che accomuna molti ragazzi che scappano dai loro Paesi per crearsi un futuro nel nostro Paese, e che Islam è riuscito a realizzare grazie all’aiuto di due genitori disponibili. Il primo passo è stata l’iscrizione alla scuola professionale per operatori del legno, che Islam ha terminato imparando un mestiere. Poi ha preso la patente. A febbraio andrà a vivere da solo in una casa in affitto, in un paese vicino a quello della sua famiglia affidataria. «Da parte sua c’è stata una risposta positiva, durante tutto il percorso. Ha fiducia in noi e sa che qui può trovare un supporto. Sa che siamo i suoi punti di riferimento», aggiunge Marco. E la stessa cosa c’è ormai anche da parte loro. «Diverse volte abbiamo lasciato con lui i figli più piccoli, perché sapevamo di poterci fidare».
In tutto il percorso è stata fondamentale la presenza degli assistenti sociali. «Il riferimento iniziale di don Mapelli è stato molto importante – precisa Marco -. Ci ha dato la sicurezza che qualunque cosa sarebbe successo, lui ci sarebbe stato. Molto supporto ci è arrivato anche dagli assistenti sociali del Servizio Affidi di Milano. Ci vedevamo con loro ogni anno». Hanno definito insieme un progetto e gli obiettivi e di volta in volta si incontravano per capire se fossero stati raggiunti. «In questi casi avere persone di riferimento disponibili è davvero importante», conclude Marco.