Da un elemento da gestire a una opportunità di rinnovamento della pastorale, ampliando le iniziative e alleandosi ad altre agenzie educative del quartiere: le testimonianze degli educatori Carlo Casiraghi e Veronica d’Ortenzio
di Claudio
URBANO
«Se non è stato il frutto di un tiro a dadi, aver scelto di investire risorse e di inviare da noi due educatori professionali vuol dire che c’è attenzione per questa zona, per il quartiere. Non è banale». Traspare convinzione dalle parole di Carlo Casiraghi: è lui ora l’anima del doposcuola nella parrocchia di San Michele e Santa Rita a Corvetto, periferia sud-est di Milano. Un quartiere per lo più di case popolari e con una forte presenza di immigrati, soprattutto arabi. I ragazzi frequentavano sì l’oratorio, ma si limitavano al cortile: «Era la “periferia” a essere entrata in oratorio, ma chi aveva sempre abitato la parrocchia si era sentito quasi esautorato, schiacciato nelle aule di catechismo; e la presenza di questi ragazzi, della “periferia”, rappresentava solo qualcosa da gestire, anziché un’opportunità di rinnovamento della pastorale», fotografa la situazione iniziale Veronica D’Ortenzio, educatrice che ha seguito il progetto «Parrocchie e Periferia» al Corvetto dal 2019 fino all’estate scorsa.
Un cerchio che si allarga
Si è partiti con il doposcuola rivolto ai ragazzi delle medie, che ora prosegue autonomamente con l’impegno degli adulti della parrocchia e in sinergia con la rete di “Qubì” (l’insieme di iniziative di contrasto alla povertà educativa promosse da Caritas – con il sostegno di Fondazione Cariplo -) in diverse periferie della città. «Via via abbiamo proposto le classiche attività da oratorio: la realizzazione di un murale, la castagnata, le gite al vicino Nocetum (un’oasi di spiritualità e accoglienza nel verde del Parco Sud Milano), la proposta di laboratori multisport. Sempre estendendo l’invito ai ragazzi del doposcuola, anche quando, essendo la maggior parte di origine araba, non sembrava così scontato, come alla festa di Natale».
Il centro estivo
La collaborazione con le altre realtà educative della zona è stata messa alla prova, con successo, durante le settimane del centro estivo. La denominazione laica, al posto del classico “oratorio estivo” non è casuale. «Riconoscendo di non avere le forze per organizzare le settimane estive, nel 2020, il primo anno del Covid, l’oratorio ha messo a disposizione il proprio spazio, ed è diventato il centro estivo del quartiere. Le squadre le abbiamo tenute io e Stefano Doneda (l’altro educatore impegnato a Corvetto)», spiega D’Ortenzio. Nelle estati successive la formula è stata replicata, con una collaborazione sempre maggiore tra l’oratorio e le associazioni educative del quartiere. «Abbiamo pensato alle varie attività non solo per i “bambini dell’oratorio”, ma semplicemente per i bambini», sottolinea D’Ortenzio.
Al di là delle urgenze
La collaborazione con la rete di associazioni, cooperative e istituzioni che operano nel quartiere è solo una delle eredità del progetto «Parrocchie e Periferia». D’Ortenzio indica alcune attenzioni, valide per il Corvetto come per tutte le parrocchie, che, riconosce, «sono un sistema complesso». Saper guardare anche al di là delle tante urgenze di chi vive in periferia, ed essere disposti a rinnovare le proposte, pur mantenendo la radicalità del Vangelo. «Gli strumenti della diocesi e della Fom non mancano», assicura. E ancora, mantenere una finestra aperta verso l’esterno, sottolinea Casiraghi: «Perché è bello sapere che non esistono solo l’oratorio e la scuola, ma che nel quartiere ci sono tante altre realtà educative: come in un villaggio, tutti insieme contribuiscono alla crescita dei ragazzi».
Leggi anche:
Chiesa e periferie, un laboratorio pastorale