Nella XXIII Giornata mondiale la celebrazione presieduta dall’Arcivescovo in Duomo alle 17.30 (diretta tv e web) è l’occasione per rendere grazie a Dio per questo dono e per ribadire l’importanza della sua ecclesialità

di monsignor Paolo MARTINELLI
Vescovo ausiliare e Vicario episcopale

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La vita consacrata non è un “mestiere”; è una vocazione e una missione a servizio del popolo santo di Dio. Per questo siamo tutti invitati a rendere grazie a Dio per la vita consacrata venerdì 1 febbraio, alle 17.30, nel Duomo di Milano insieme al nostro Arcivescovo: la celebrazione eucaristica sarà trasmessa in diretta da Chiesa Tv (canale 195 del digitale terrestre) e da www.chiesadimilano.it

Nel suo recente libro sulla vita consacrata, La forza della vocazione, papa Francesco afferma che il valore più importante per questa forma di vita cristiana dopo il Vaticano II è stata la riscoperta della sua ecclesialità. Con questo si intende riconoscere sia l’importanza del dono della vita consacrata nella Chiesa e per la Chiesa, sia il riferimento decisivo che le persone consacrate devono avere nei confronti della Chiesa. Se un dono è fatto alla Chiesa, per essere vissuto in modo fecondo deve effettivamente inserirsi nella vita di quella porzione del popolo di Dio. Una diocesi deve valorizzare pienamente i diversi carismi di cui la vita consacrata è portatrice; allo stesso modo consacrati e consacrate devono sentire la diocesi e il rapporto con il vescovo come essenziali alla propria vita e missione specifica. Se è vero che la vita consacrata è caratterizzata dalla nota della universalità, tuttavia è altrettanto vero che questa dimensione deve potersi esprimere fecondando la vita della Chiesa particolare in cui si trova a vivere e a operare.

L’arcivescovo Mario Delpini ha espresso molte volte questo valore imprescindibile. Proprio nella Lettera pastorale di quest’anno, richiamando al senso della vita come pellegrinaggio, ha ricordato che le persone consacrate «devono essere uomini e donne di preghiera: vergini sagge che vigilano nella notte in attesa dello Sposo, esperte del gemito e del cantico, del sospiro e della tenebra in cui arde la loro lampada, dell’intimità in cui depositano il pianto dei poveri e l’attesa straziante degli oppressi». Siano persone «di preghiera che sanno insegnare a pregare, che sanno dire qualche cosa della preghiera perché i disperati intravedano una promessa, chi soffre in solitudine una prossimità, che è smarrito un orientamento per volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto (cfr Gv 19,37)».

In effetti, pensando alla variegata presenza della vita consacrata sul territorio diocesano, alle numerose opere in ambito educativo, sanitario e caritativo, come anche la presenza nella pastorale parrocchiale e nella forma contemplativa, è evidente che decisive risultano essere non le attività, ma la testimonianza che consacrati e consacrate offrono nell’accompagnare le persone a scoprire il proprio rapporto personale e comunitario con Dio.

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