Redazione

Padre Odorico, un anziano cappuccino che risiede nell’Abbazia dell’Acquafredda, a Lenno, in Val Perlana, sulla sponda del lago di Como, traguarda con gli occhi del cuore le acque del Lario e vi scorge quelle del lago di Tiberiade sulle cui rive avvenne la moltiplicazione dei pani e dei pesci. E vede se stesso, con il discepolo Andrea, fianco a fianco degli apostoli…

di Padre Odorico

Eravamo sull’altra sponda del lago di Tiberiade. Ascoltavamo Lui. Un incanto. Parlava della felicità della terra, una novità assoluta: felici i poveri, felici i miti, felici gli operatori di pace, felici non gli altri ma voi, proprio voi che siete qui in carne e ossa, nome e cognome, data e paese di nascita, felici proprio voi quando vi insulteranno e vi faranno del male per causa mia e per causa della giustizia. Rallegratevi e siate felici perché il regno è vostro.

Piaceva. Più parlava e più piaceva. Faceva crescere in cuore il gusto di ascoltare, perché in bocca a lui le parole avevano sapore, per il palato di chi fosse in ascolto solo da assaporare per poterla gustare. Ma ecco che adesso si è fermato e rimane con lo sguardo compiaciuto sui suoi, i Dodici. Sento che chiama Filippo: «Ehi tu, Filippo, non ti rendi conto che questa gente sono tre giorni che non mangia?». Filippo c’è rimasto male. Sono rimasto male anch’io. Filippo dice: «E io che cosa ci posso fare?». «Cerca di fare qualcosa. Non ti viene proprio nessuna idea?». Per fortuna interviene Andrea (ah, il mio Andrea!): «C’è qui un mio amico che si è portato del pane e qualche pesce».

Cerco gli occhi di Andrea, cerco gli occhi di Filippo, ma non trovo nessuno dei due. Guardo Lui. Lui c’è. Forse un po’ affaticato anche lui per il lungo camminare e per il lungo parlare, ma sereno in volto, contento; adesso guarda la gente soddisfatto, la folla enorme, forse qualche migliaio. Vede anche me. Guarda Andrea e Filippo con il cesto del poco pane e dei pochi pesci. Sembra che si dicano «Cinque pani! Cosa ne facciamo?». Lui li chiama con un cenno: «Dateli a me!». Poi indicando la folla apre un largo sorriso e dice: «Fateli sedere».

Lui resta in piedi. Con le due mani prende il cesto a Filippo: «Distribuisci! Distribuite tutti». Distribuiscono. Cento, mille mani si protendono, prendono, mille voci gridano, chiedono, urlano. «A me! a me! A me!». Vedo Andrea pressato dalla folla. C’è anche un cesto vuoto. Adesso fanno ressa attorno a me. Facce stranite. Non sembrano uomini, sembrano maschere che tradiscono l’uomo: affamati, stanchi, contenti. Gridano, chiedono, vogliono, mangiano, bevono. Qualcuno canta, sguaiato, stonato, la bocca piena di pane. Ma canta, cantano.

Il pane è tanto. Qualcuno ne è già sazio e ha voglia di parlare: «Questa è una manna caduta da Cielo! Ci è nato in casa un profeta! Vuoi vedere che è il profeta che aspettiamo?». A qualcuno parlare dà fastidio. Riempie la borsa e se ne va. Adesso la borsa la trovano anche gli altri. Uno, due, tre, cento, mille. Una borsa l’hanno tutti. Raccolgono e riempiono. Borse, sporte, cesti, zaini, bisacce, sacchi, sacchetti, fagotti, tutto serve. Riempiono e vanno. Li sto a guardare stordito. Viene sera. Non sapevo fosse così tardi. La giornata è stata tanto intensa che non me ne ero accorto.

Mi viene vicino Andrea: «Hai visto?». «Ho visto. Ma Lui dov’ è?». «È salito sulla collina, fa sempre così. La sera gli piace stare solo con il Padre. Ce ne parla di frequente anche a noi. Ci dice che lui e il Padre sono un’unica realtà d’amore. Dovresti sentirlo. Il Padre, che ha e che dà la vita, ha dato anche al Figlio di avere e di dare la vita». Ascolto senza capire. Vorrei chiedere qualcosa ma Andrea subito aggiunge: «Noi adesso prendiamo la barca e attraversiamo. Lo aspetteremo di là. Ce lo ha suggerito Lui. Tu cosa fai?».

«Non mi muovo, Andrea, non posso. Resto qui». Sono rimasto immobile mentre loro scendevano alla riva. Li vedevo di spalle e, pur nell’ombra del primo buio, li ho riconosciuti tutti uno a uno: i Dodici, che hanno distribuito il pane. Mi è parso come fossimo amici da sempre. Quando non li ho visti più, mi sono avvolto intorno il mantello, mi sono rannicchiato su me stesso e mi sono coricato su uno dei tanti mucchi d’erba. Piangevo.

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