Una articolata discussione, sfociata in otto mozioni presentate all’Arcivescovo, ha caratterizzato la terza sessione del Consiglio presbiterale diocesano, dedicata alla riflessione su queste articolazioni a 15 anni dalla loro istituzione

di don Paolo Brambilla

Comunità pastorali

La terza sessione del Consiglio presbiterale diocesano, svoltasi lunedì 2 e martedì 3 maggio a Seveso, si è aperta con l’intervento dell’Arcivescovo che ha commentato la nomina di monsignor Paolo Martinelli a Vicario apostolico per l’Arabia meridionale. L’Arcivescovo ha espresso gratitudine e ammirazione, ricordando, tra le altre cose, anche l’impegno di monsignor Martinelli nel coordinare e supportare con dedizione passione il Consiglio presbiterale. Lo stesso monsignor Martinelli, dopo aver illustrato brevemente le prospettive del suo nuovo incarico, ha annunciato il tema della prossima sessione: si intende ascoltare il Consiglio sul tema dei ministeri nella Chiesa.

Gli ambiti di riflessione

L’assemblea ha poi proceduto ad affrontare il tema delle Comunità pastorali, a 15 anni dalla loro istituzione. Quattro gli ambiti su cui ci si è impegnati a esprimersi:
1) Verifica della missionarietà delle Comunità pastorali: in che misura riescono a incarnare la fede oggi nel mutato contesto sociale e culturale, sostenendo le dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana (liturgia, catechesi, carità, cultura, ecc).
2) Cambiamenti necessari di stile e di azione richiesti alla figura del presbitero nella Comunità pastorale: rilettura della sua responsabilità ministeriale; elementi della sua vita spirituale da sostenere; rapporti fraterni e collaborativi tra presbiteri, laici e consacrati in stile sinodale; ministero presbiterale in relazione con altre ministerialità e con i carismi che lo Spirito distribuisce tra i fedeli per l’edificazione comune; stile e azione del responsabile di Comunità pastorale.
3) Composizione e funzionamento della Diaconia e rapporto con il Consiglio pastorale.
4) Criteri per la nascita di una Comunità pastorale e prassi necessaria per la sua graduale formazione.

Le mozioni per l’Arcivescovo

Dopo le sintesi della consultazione delle fraternità presbiterali, quattro gruppi hanno approfondito il tema elaborando otto mozioni – tutte approvate – che verranno ora sottoposte al discernimento dell’Arcivescovo.

Mozione 1. Si chiede di continuare la riflessione nel “racconto” dei fatti promettenti, di passi che funzionano, studiando di più l’esperienza, leggendola con l’apporto dei pastoralisti e inserendola nel cammino della formazione permanente.

Mozione 2. Il Consiglio auspica che la Formazione permanente del clero sia attenta al cammino personale e formativo del singolo prete. Attraverso forme di accompagnamento si garantiscano condizioni sane di vita e di ministero orientate alla fraternità del clero e alla pastorale d’insieme.

Mozione 3. Il Consiglio chiede che venga riattivata la Commissione per le Comunità pastorali e le altre forme di ministerialità, per condividere criteri, orientamenti ed esperienze e garantire la formazione il più possibile omogenea delle diverse figure della diaconia.

Mozione 4. Il Consiglio propone che l’Arcivescovo e la Diocesi incoraggino, indichino e tutelino forme concrete di vita fraterna in abitazione comune tra presbiteri o anche con altre forme di vita vocazionale. I presbiteri possano candidarsi a questa forma di vita nel ministero, oppure si valutino le candidature o il vescovo stesso chieda tale disponibilità.

Mozione 5. La Diocesi preveda incontri di formazione per i membri dei Consigli pastorali e delle Diaconie, circa le loro identità e i loro compiti.

Mozione 6. In ogni Diaconia, oltre ai ministri ordinati con incarico, vi siano altri membri nominati (consacrati/e e laici).

Mozione 7. Il Consiglio pastorale sia effettivamente il soggetto primario nel rappresentare l’intera Comunità e nell’azione di discernimento e definizione delle priorità pastorali. La Diaconia, incontrandosi più frequentemente, coordini e definisca, nel particolare, i singoli passi e attività.

Mozione 8. Il Vicario generale o il Vicario episcopale di Zona, sentiti i Consigli pastorali coinvolti, il clero locale e l’Assemblea decanale, presenti al Consiglio presbiterale ragioni, cammino e finalità delle nuove Comunità pastorali.

I lavori sono stati caratterizzati da molti interventi propositivi, improntati a franchezza e desiderio di comprensione. È emersa anche l’esigenza di trovare le modalità per consentire una consultazione più distesa, non nella forma assembleare, magari attraverso le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.

 

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