Il Cancelliere arcivescovile monsignor Marino Mosconi riassume così l’iter che ha portato alla promulgazione del documento (che ha coinvolto più organismi), ne illustra le principali novità e sottolinea: «Il testo si rivolge alle Comunità nel loro complesso: Ministri ordinati, consacrati e laici»

di Annamaria Braccini

CPD

Il “Direttorio per le Comunità pastorali”, più che presentare novità, è esso stesso una novità, testimoniando la cura e l’interesse che la Chiesa ambrosiana dedica alla riflessione su questo tema e, soprattutto, alla concreta realtà delle Comunità. Così come spiega il Cancelliere arcivescovile, monsignor Marino Mosconi.

Come leggere il documento nella sua articolazione?
Potremmo indicare quattro ambiti specifici. Il primo è quello del Consiglio pastorale: non a caso, l’Arcivescovo ha convocato i membri dei Consigli oggi in Duomo, perché al centro del documento c’è appunto il ruolo del Consiglio pastorale, considerato come l’elemento più espressivo della comunità parrocchiale nel suo insieme. Il secondo indica uno sviluppo e un approfondimento relativi ai compiti della Diaconia e alla possibilità che questa stessa abbia una composizione più ampia, comprensiva anche di persone diverse dai Ministri ordinati, anche se comunque limitata, rispetto al Consiglio pastorale, ad alcune figure parrocchiali, senza assumere il compito della rappresentanza. Non manca, in questo contesto, anche qualche riflessione sul ruolo dei referenti parrocchiali. Un terzo ambito è relativo alla realtà dei Ministri ordinati, delineando come essi possono collaborare nelle Comunità pastorali in una vera esperienza di fraternità. Infine, la quarta novità riguarda il percorso per la costituzione delle Comunità pastorali, che è meglio strutturato e coinvolge anche il Consiglio presbiterale.

Monsignor Marino Mosconi

Quanto tempo ha richiesto il Direttorio per essere stilato nella sua forma definitiva?
Il documento è frutto di un’ampia consultazione, che si è poi concretizzata nello scorso anno pastorale, ma ha avuto diversi passaggi intermedi, che hanno visto il coinvolgimento del Consiglio pastorale diocesano, dei Decani e del Consiglio presbiterale. Dopo una prima bozza si è fatto un secondo passaggio con i Decani (a livello zonale) e quindi, dopo l’attento confronto guidato dall’Arcivescovo nel Consiglio Episcopale Milanese, si è arrivati all’approvazione. È il primo esempio, così articolato, in Diocesi, della composizione di un documento a seguito di un processo che potremmo davvero definire sinodale.

Il rapporto con la sinodalità e con il Sinodo diocesano che stiamo vivendo – anche con il ripensamento territoriale e decanale – ha appunto avuto il suo peso all’interno della riflessione su questo Direttorio?
Tutto sta insieme e anche il Direttorio è all’interno di questo processo, sebbene evidentemente ci siano differenze importanti tra i vari aspetti. Le Assemblee sinodali decanali sono il fronte estroverso della comunità cristiana, mentre con le Comunità pastorali parliamo di più, per così dire, di un fronte organizzativo interno, pur non dimenticando mai che la finalità della Comunità pastorale è sempre la comunione per la missione.

A chi è rivolto primariamente questo Direttorio e comunque chi dovrebbe tenerne conto?
Auspicabilmente dovrebbero farlo le comunità nel modo più ampio, perché al cuore del Direttorio c’è l’idea che la Chiesa è, innanzitutto, comunità. Come è ovvio i più coinvolti sono gli operatori pastorali, quindi, i Ministri ordinati, ma non solo: lo sono anche i consacrati e le consacrate, i laici e le laiche che, in modo auspicabilmente sempre più generoso, si mettono al servizio della comunità offrendo un contributo di cui non si può, né si deve fare a meno.

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