Il lascito culturale e spirituale del Cardinale scomparso nel 2017 al centro di un convegno promosso dal Comitato Amici presso la Camera di Commercio di Varese

di Cesare CHIERICATI

Attilio-Nicora
Il cardinale Attilio Nicora

Nel telegramma di cordoglio inviato ai familiari del cardinale Attilio Nicora – morto a Roma il 22 aprile 2017 – papa Francesco sottolineava come «egli lascia un ricordo carico di stima e di riconoscenza per il prezioso servizio offerto con singolare competenza sia alla Chiesa che alla società civile in Italia». È attraverso questa chiave di lettura che sabato 5 ottobre, nella Sala Campiotti della Camera di Commercio di Varese, a partire dalle 9, si svolgerà un convegno di studio dedicato al «lascito culturale e spirituale» del Cardinale varesino, promosso dal Comitato Amici del Cardinale Nicora (in allegato il programma). Un primo convegno, svoltosi il 12 maggio 2018, aveva messo a fuoco due caratteristiche peculiari del porporato: il suo essere pastore e al tempo stesso diplomatico di altissimo livello nelle delicate relazioni tra Stato e Chiesa. L’incontro del 5 ottobre si propone invece di mettere in primo piano i rapporti tra Chiesa e società, alla costruzione dei quali il Cardinale si è sempre dedicato con instancabile impegno, acutezza di analisi e grande generosità.

Nella sua prefazione al volume Stare con il Signore, andare verso i fratelli (Studium edizioni), che raccoglie scritti e interventi di Nicora, il Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin ha scritto: «La sua fu una personalità capace di intrecciare dimensioni tra loro distinte, come una vita interiore schiva e riservata e un’elevata sensibilità pastorale, una ricca umanità e una formazione giuridica di altissimo livello. Ciò gli ha permesso di svolgere in maniera efficace e fruttuosa ogni ministero che gli è stato affidato, dai primi anni del suo sacerdozio…».

In effetti don Attilio – come preferiva essere chiamato, soprattutto dagli amici di Varese dove era nato il 16 marzo 1937 nel rione della Motta – ha compiuto un percorso di straordinaria linearità e pienezza all’interno della Chiesa cattolica. Fin dai suoi anni giovanili, quando nella città-giardino fu protagonista, con altri amici, della rinascita del cattolicesimo giovanile locale come cofondatore del periodico studentesco Michelaccio, animatore di Gioventù studentesca e presenza vivissima dentro l’Oratorio di San Francesco. Laureato in giurisprudenza, dopo il Seminario a Venegono si specializzò in Diritto canonico, cominciando una lunga marcia dentro le istituzioni ecclesiali. Chiamato all’episcopato da papa Montini nel 1987, a soli quarant’anni, divenne cardinale il 21 ottobre 2003. Ha alternato impegni pastorali (a Milano con il cardinale Martini e poi nell’amatissima Verona come Vescovo) a quelli istituzionali, in un crescendo di responsabilità che lo portarono ai vertici della Cei, poi alla presidenza dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica), nella “vigilanza” dello Ior (la banca vaticana) e infine a capo dell’Aif, l’autorità di informazione finanziaria. In quest’ultima veste, nonostante ostacoli e difficoltà di varia natura, si occupò con grande rigore delle regole di trasparenza e correttezza del settore. Si dimise dall’incarico il 30 gennaio 2014.

Molteplici sono i suoi contributi forniti alla Chiesa anche in altri campi: come presidente della Caritas, come esperto per l’insegnamento della religione nelle scuole, nella “battaglia” per il Crocifisso nei luoghi pubblici, come delegato dei Vescovi italiani presso la Commissione degli Episcopati delle Comunità Europea, della quale nel 2000 divenne vicepresidente. Il suo capolavoro resta comunque la ridefinizione, negli anni Ottanta, degli accordi tra Chiesa e Stato italiano e “l’introduzione” dell’8 per mille, strumento decisivo per il dignitoso sostentamento del clero. Secondo il giurista Carlo Cardia – rappresentante dello Stato italiano in seno alla Commissione paritetica che ha attuato l’Accordo di revisione del Concordato – il cardinale Nicora «È stato un riformatore cui tutti dobbiamo qualcosa. Anche grazie a lui abbiamo superato veri e propri tabù di matrice ottocentesca».

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