Redazione
La conversione di Charles de Foucauld ha una data e un luogo precisi: 30 ottobre 1886, chiesa di Saint-Augustin. A Parigi, quest’estate, per sostituire alcuni amici confratelli in vacanza, don Giuseppe Grampa visita quella chiesa e si immedesima nel ricordo della conversione del giovane Carlo.
di Giuseppe Grampa
Da molti anni trascorro una parte delle mie vacanze a Parigi. Sostituisco i confratelli in ferie di Saint-Séverin, una stupenda chiesa nel cuore della città, a pochi passi da Nôtre-Dame. Ogni anno compio una visita alla chiesa di Saint-Augustin, la chiesa della conversione di Charles de Foucauld. Quest’anno, in preparazione alla beatificazione, ho voluto ripercorrere il breve tragitto che Charles ha compiuto verso il luogo della sua conversione lungo i viali di uno dei quartieri più eleganti della città.
Nel febbraio del 1886 il figlio del visconte de Foucauld aveva affittato una garçonniere al numero 50 della rue Miromesnil. Non so se l’attuale dignitoso palazzo borghese sia ancora quello abitato da Charles. Lì abitava in un appartamento arredato con mobili pregevoli, tappeti che aveva portato dal Marocco e tanti libri. Un amico così lo descriveva in quei mesi: «Era ben cambiato il mio grosso amico. Smagrito, niente più feste, donne, cene prelibate. Tutto dedito allo studio».
In quel mese di ottobre Charles ebbe intense conversazioni con la cugina Maria de Bondy, anima mistica e ardente. Così ne parlava: «A Parigi mi sono trovato con persone molto intelligenti, virtuose e di viva fede cristiana. Mi sono detto che forse questa religione non era assurda». E concludeva, logicamente: «Siccome questa religione non è una follia, forse in essa sta la verità. Voglio studiare questa religione. Mi cercherò un professore di religione cattolica, un prete dotto e vedremo che ne verrà».
Il prete dotto che Charles cercava era l’abbé Henri Huvelin, vicario nella parrocchia di Saint-Augustin, non lontana dalla sua abitazione. Un percorso di circa dieci minuti, ma che cambia una vita. Nella grande e non particolarmente bella chiesa, nella terza cappella sul lato destro, quel mattino del 30 ottobre 1886 l’abbé Huvelin era nel suo confessionale. Una lapide ricorda che proprio in quel luogo avvenne il dialogo tra Charles e l’abbé Huvelin, che possiamo ricostruire così.
Charles: «Padre, non si stupisca, non sono venuto a confessarmi. Non ho la fede. Vorrei solo avere alcune informazioni circa la religione cattolica…».
Abbé Huvelin: «Lei non ha la fede? Non ha mai creduto?».
Charles: «Sì, ho creduto fino a tredici anni fa. Ma in questo momento non credo. Ci sono tutte le difficoltà dei dogmi, dei misteri, dei miracoli…».
Abbé Huvelin: «Figlio mio, lei si sbaglia. Ciò che in questo momento le manca per poter credere è un cuore puro. Si inginocchi e si confessi, avrà la fede».
Charles: «Ma non sono venuto per questo…».
Abbé Huvelin: «Non importa, si inginocchi».
Ho sostato a lungo, nella chiesa deserta, presso il confessionale dove si è svolto questo singolare dialogo. Mi sono chiesto: quale ispirazione dello Spirito ha suggerito all’abbé Huvelin – che descrivono mite, discreto, disponibile all’ascolto – una parola tanto perentoria?
Terminata la confessione, il sacerdote domandò a Charles: «È digiuno?». Avuta risposta affermativa, ancora un comando: «Vada a ricevere la Comunione». Da quella Comunione mattutina l’Eucaristia sarebbe stata presenza costante nella vita di Charles. Dopo la sua morte trovarono, gettato nella sabbia, il piccolo fermaglio dell’ostensorio con l’ostia consacrata.
Esco dalla chiesa e sosto un momento sotto il portico, come a rivivere lo stato d’animo di Charles che, lasciando Saint-Augustin, scrisse d’essersi sentito invaso da «una pace infinita, una luce radiosa, una felicità che niente poteva alterare». Il brillante ufficiale, il coraggioso esploratore avevano lasciato spazio al cercatore di Dio. Lo confesserà lui stesso: «Non appena ho creduto che un Dio esisteva ho capito che non potevo fare altro che vivere solamente per lui».