Redazione
«I ragazzi per natura sono pieni di energia e cercano sfide». Spiega così l’adesione di tanti giovani allo scoutismo Marco Pietripaoli, responsabile regionale dell’Agesci insieme a Saula Sironi e all’assistente ecclesiastico don Andrea Lotterio.
di Luisa Bove
«Gli stessi fenomeni di bullismo e prevaricazione – dice Marco Pietripaoli, responsabile regionale dell’Agesci – hanno all’origine la solitudine di ragazzi abbandonati a loro stessi e il desiderio di sfide, che spesso sfociano in azioni controproducenti e problematiche. Se invece questi giovani avessero a fianco educatori, insegnanti e genitori capaci di proporre iniziative positive, i ragazzi ci starebbero».
In cento anni di vita il movimento scout ha saputo rinnovarsi, senza tuttavia perdere la propria identità…
Nello scoutismo c’è stata una costante, lenta e graduale rivisitazione degli elementi fondamentali. Ci sono aspetti scritti e pensati dal nostro fondatore 100 anni fa (il protagonismo dei ragazzi, l’ascolto, la disponibilità a servire nel proprio quartiere, l’attenzione ai più deboli…) e che noi ripetiamo ancora; oggi si parla di emarginati e disabili, di stranieri e famiglie in difficoltà, ma anche allora si trattava di attenzione agli ultimi. Anche il tema della coeducazione è stato rivisitato negli anni Settanta e oggi è attualissimo. Se andiamo a leggere gli scritti di Baden Powell sul rapporto uomo-donna ci accorgiamo che era fondato sulla parità. Senza aver bisogno delle “quote rosa”, nella nostra organizzazione, fin dall’unificazione tra l’associazione femminile e quella maschile nel 1974, c’è stata attenzione alla pari dignità. Esiste quindi la “diarchia” e per i ruoli educativi e di responsabilità è prevista la presenza di un uomo e di una donna.
Nella società di oggi i ragazzi sono abituati ad avere “tutto e subito”: invece lo scoutismo insegna il sacrificio, lo spirito di servizio, la gratuità…
Siamo consapevoli di essere controcorrente. La sfida più grande che oggi abbiamo è quella di vincere il malessere della società del benessere: la solitudine. Oggi il paradosso è avere “tutto e subito” ed essere soli. Di fronte a questo la grande risorsa che lo scoutismo mette a disposizione è la vita comunitaria. Magari si ha meno materialmente, ma alla fine si possiede molto di più in termini di gioia, serenità, avventura, appartenenza… e ci si dimentica dell’aspetto materiale. Quando sei al campo, anche se non hai il cellulare, la coca-cola, il divano comodo di casa, non ti accorgi della loro mancanza perché in quel momento la tua vita è riempita.
Anche la vita all’aria aperta e lo spirito di avventura resistono nonostante la voglia di comodità?
Magari si fatica a uscire di casa e ad andare nei boschi, specie se piove, ma quando si è con gli altri non si vorrebbe più tornare. L’avventura e la vita all’aria aperta, lontano dai genitori, permettono di sperimentare l’autonomia e fanno sentire più grandi. Molte organizzazioni e realtà ci imitano; non è un problema, ma noi inseriamo il tema dell’avventura in un progetto educativo che dà senso a tutto il cammino: la sfida non è quindi fine a se stessa. Gli stessi educatori aiutano i ragazzi a riflettere sull’esperienza che stanno vivendo e la domanda per tutti è: che cosa ho imparato e “porto a casa” per la mia vita quotidiana?
Baden Powell invitava i “suoi” scout a lasciare «il mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato». Che cosa dovrebbero fare i giovani di oggi? Occorre riscoprire la dimensione della “cittadinanza attiva”, a partire dal proprio territorio. Le buone abitudini di vita per sé e per l’ambiente, l’attenzione ai più deboli, la pace e la fratellanza internazionale, sono dimensioni che i giovani possono vivere quotidianamente. Scoprirebbero che i loro problemi sono relativi rispetto a quelli del mondo. Scriveva Baden Powell nel suo libro La strada verso il successo: «Se vuoi veramente intraprendere la strada verso il successo, cioè verso la felicità, devi dare una base religiosa alla tua vita, devi andare a cercare la felicità nella vita degli altri». Dobbiamo aiutare i giovani a scoprire che i loro bisogni e problemi possono trovare risposta insieme a quelli degli altri. È questa oggi la sfida più importante; se ai ragazzi se ne offre l’opportunità, rispondono immediatamente.