Con la prolusione di monsignor Nosiglia, presidente del Comitato preparatorio, avviati i lavori del Convegno ecclesiale nazionale. I 2.200 convegnisti partono dai “fondamentali” del cristianesimo per dire sì all'«ecologia umana» di papa Francesco

di Maria Michela NICOLAIS

Firenze 2015

“Fare il punto sul nostro cammino di fedeltà al rinnovamento promosso dal Concilio e aprire nuove strade all’annuncio del Vangelo”: è questo lo scopo del quinto Convegno ecclesiale nazionale, che si è aperto ieri nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, dove sono convenute le quattro processioni dei 2.200 delegati di tutte le componenti della Chiesa italiana, provenienti dalle quattro basiliche maggiori. Il cristianesimo – ha detto monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e presidente del Comitato preparatorio del Convegno ecclesiale nazionale – non è “un retaggio del passato o un ostacolo alla libertà”, al contrario, “indica e orienta la via del futuro”. È a partire dai “fondamentali” del cristianesimo, “che sono a un tempo antropologici, culturali e spirituali”, che “il Vangelo e la vicinanza della comunità e dei cristiani possono risultare decisivi”. Firenze, ha detto il cardinale Giuseppe Betori, è una città in cui “l’affermazione dell’umano, nelle sue espressioni migliori, ha saputo legare insieme il senso alto della cultura e dell’arte con la cura del debole e l’esercizio della misericordia”. Questa città, ha proseguito l’Arcivescovo salutando i convegnisti, “vi indica come un traguardo e una missione: una sintesi di ricerca sincera e intensa del vero, di espressione in superbe forme di bellezza, di passione generosa e multiforme di carità”.

“Discernimento” e “amore per questo nostro Paese”: sono le due parole d’ordine risuonate all’inizio della prolusione di monsignor Nosiglia. Quello di Firenze vuole essere “un umanesimo che è in ascolto; concreto; plurale e integrale; d’interiorità e trascendenza”, in continuità con i Convegni ecclesiali di Palermo e di Verona, dove però – ha sottolineato Nosiglia – il “discernimento” è stata un’indicazione “non ancora pienamente accolta nelle nostre comunità che fanno fatica a incarnarsi nei loro territori per diventarne lievito di umanità redenta e riconciliata perché fondata sulla misericordia di Dio”.”Sinodalità”, allora, per “rifuggire dalla tentazione di trasformare la nostra fede in ideologia” e operare “un serio lavoro sinodale di discernimento sul presente e sul futuro della Chiesa che è in Italia”. Le “cinque vie” di Firenze “chiedono che cammino di fede e cammino ecclesiale diventino vie o almeno sentieri di umanizzazione non da declinare in prospettiva intellettuale, bensì esistenziale”. È questo che chiede il Papa alla Chiesa italiana: una “cultura dell’incontro” e una teologia che “sappia abitare le frontiere e farsi carico dei conflitti”.

Serve speranza, in un Paese “che sta sempre più invecchiando, in cui la gente è sfiduciata e ripiegata su se stessa, dove le diseguaglianze sociali e le povertà non solo materiali, ma etiche e spirituali stanno crescendo”. La testimonianza dei credenti deve avere “il sapore e l’odore delle quotidiane sfide dell’esistenza”, e Firenze è “il contesto propizio per respirare una cura dell’umano scaturito dalla fede, un modello concreto di come la fede può diventare anima di una cultura e di come la cultura può offrire al messaggio cristiano un alveo privilegiato per entrare con piena cittadinanza e novità dentro il pensiero, la storia e la vita di un popolo”. No al “politicamente corretto”, sì a laici, “donne e uomini, adulti nella fede” e in particolare alle donne, da valorizzare “anche espandendo nuovi spazi di responsabilità, nei vari ambiti della missione della Chiesa e nella società”.

È la famiglia la prima area d’impegno indicata come priorità nella prolusione: “La famiglia voluta da Dio come custode della vita e fonte dell’autentico amore, in cui i figli possano e debbano usufruire dell’apporto congiunto del padre e della madre, resta l’architrave insostituibile di ogni società e garanzia del suo futuro e per questo va salvaguardata, promossa e valorizzata anche sul piano legislativo ed economico, nelle sue potenzialità umane, spirituali e sociale”.

Sì all’“ecologia umana”, no a “corruzione” e “mafie”. Nell’ultima parte della sua prolusione, Nosiglia ha ripreso l’invito di papa Francesco nella Laudato si’ per ricordare che l’ecologia umana “è la prima a dover essere perseguita con la massima responsabilità da parte di tutti”: di qui la necessità di “contrastare e superare quella cultura dello scarto che si fonda sull’idolatria del denaro, sulla corruzione tanto diffusa che appare un comportamento normale, sulla illegalità, le mafie, le tangenti e l’inequità, che generano ingiustizie, discriminazioni e violenze verso i poveri, dai bambini agli anziani, dai senza dimora, ai precari e disoccupati o in cerca di lavoro, dai disabili ai malati terminali”. “Non ci stancheremo di denunciare potentati politici ed economico-finanziari che perseguono propri interessi personali o di cordata, a scapito del bene comune e di ogni regola etica di equità e solidarietà”, ha assicurato il presule. “Una denuncia che quando necessaria, può riguardare tutti e anche noi stessi”, chiamati “a rivedere e a cambiare scelte e comportamenti sociali e collettivi”.

 

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