Nel tradizionale dialogo con i candidati che nelle prossime settimane riceveranno i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana, l’Arcivescovo ha invitato tutti a vivere con umiltà e riconoscenza il dono della fede
di Annamaria
BRACCINI
«Vi saluto con tanta simpatia e ammirazione per il cammino di oltre due anni che avete percorso. Il grazie è anche per chi vi ha formati e accompagnati».
Anzitutto, arrivando nella Casa Cardinale Ildefonso Schuster di via Sant’Antonio, l’Arcivescovo vuole ringraziare i tanti che rappresentano i 132 Catecumeni, in maggioranza originari di Paesi stranieri, che riceveranno nei giorni di Pasqua i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Oltre 10 di loro, uomini e donne, in Duomo nella Veglia pasquale. E il primo dono da parte dei futuri cristiani, durante l’incontro – che si pone come suggello di un intero pomeriggio di meditazione e formazione a gruppi –, è offrire alcune preghiere personali nate dall’ascolto della Parola di Dio.
Monsignor Delpini fa, subito, accenno alla Veglia in Traditione Symboli (in programma dopo poco in Duomo e che vede i giovani dell’intera Diocesi e i Catecumeni ricevere il Simbolo della fede) e alla Settimana Santa e che vivrà, quale Pastore ambrosiano, per la prima volta.
«Per me è un’emozione nuova. Pur con il segno spaventoso della Croce rimane l’attrattiva perché Gesù è morto per amore e così è l’attrattiva per la Chiesa cattolica, anche se non manca spesso il pregiudizio negativo di gente che ama il pettegolezzo. Vedervi mi dà commozione perché io amo questa Chiesa e mi dispiace quando se ne parla male: invece qui emerge lo splendore di un passato straordinario di fede e di cultura e il presente quotidiano. Pensare che i Catecumeni vogliono fare parte di questa Comunità ne fa vedere la bellezza».
Il dialogo con i Catecumeni
Iniziano le domande e le risposte. Marco chiede come «mettersi in gioco, da cristiani, nelle relazioni quotidiane e, con uno sguardo verticale, rimanere saldi in Cristo»; Giorgia dice: «Come faccio a sentirmi sicura di essere degna di ricevere i Sacramenti?». Accanto a lei un’altra giovane si interroga su come affrontare meglio il lavoro su di sé. Chiare per tutti le sottolineature dell’Arcivescovo.
«Come essere del mondo e vivere da cristiani, sporcandosi le mani nella storia e conservando il riferimento alla santità di Dio, è una domanda affascinante che si impone nel passaggio che state vivendo. La risposta non è semplice, ma si può suggerire di iniziare dal “verticale”, cioè dal ricevere la Grazia, dall’ascolto di quello che la Chiesa insegna, dalla preghiera».
Rimanere in Gesù porta frutto, ma richiede fedeltà ed è anzitutto una Grazia. «La vita cristiana è dono: il Signore desidera essere unito a noi e ciò deve rassicurarci anche nel rapporto con gli altri. È lo Spirito santo che ci guida e ispira».
E c’è poi la Grazia dei Sacramenti, basti pensare alla confessione che Delpini evidenzia. «Per imparare a vivere da cristiani nel mondo non c’è una ricetta, ma in ogni condizione e ambiente della vita è possibile essere santi, se si è docili allo Spirito».
Da qui viene anche l’essere degni di Dio: «Non temere, piuttosto apriti. Dice il Vangelo, “Io non sono venuto per i sani, ma per i malati”: sei degna se sei umile e riconoscente».
Un modo di comprendere il mondo e se stessi – questo – che rende anche migliori. « La vita non è mai una linea retta, conosciamo dei momenti di frustrazione, ma è dimorando in Gesù che si può sempre migliorare».
«Se la vita è un viaggio nel deserto, c’è sempre un’oasi, in cui riposare per appoggiare la testa sul petto di Cristo. Oasi di ogni giorno con la preghiera della sera; oasi della settimana con la Messa domenicale e la preghiera festiva; oasi dell’anno liturgico che è la Settimana autentica».
Poi anche un consiglio, quasi paterno: «Fatevi aiutare nel dialogo personale con colui o colei che possono offrirvi una direzione spirituale, con persone di fiducia con le quali potete confidarvi».
Il richiamo è ancora alla vicina Traditio Symboli, ma anche alla Celebrazione della Redditio, a inizio dell’Anno Pastorale, quando i giovani consegnano la loro Regola di Vita: «Individuate i vostri punti deboli per correggerli», nota il Vescovo rivolto ai candidati.
Poi, ancora domande. Yoko chiede «come cambiare dopo il battesimo entrando nella Comunità parrocchiale in modo concreto»; Clarissa vuole evitare il rischio «di dividere la vita spirituale da quella materiale»; Cariba vorrebbe sapere se anche il Vescovo ha avuto «momenti di difficoltà e come li ha superati». Lui non si sottrae a questo confronto a 360°.
«Entrando, a tutti gli effetti, nella Comunità cristiana con il battesimo, deve cambiare l’atteggiamento con cui una persona vi sta dentro. Bisogna diventare adulti nella fede, prendendo delle responsabilità e rendendosi disponibili ai servizi di cui vive la Comunità stessa. In una parola, curarsi degli altri e offrire anche un gesto minimo, la decima. Così siamo tutti pietre vive della Chiesa, ciascuno come può».
Anita nota: «Perché Gesù arriva sempre senza preavviso e quando lo cerchi non c’è?».
«Nelle nostre chiese c’è sempre una cappella del Santissimo, lì è Gesù che ci ascolta, magari in un modo che non comprendiamo, e che ci aiuta in modo inaspettato. Gesù è sempre presente nell’Eucaristia e lo Spirito abita in noi. Se non lo sentiamo e abbiamo l’impressione dell’assenza, è una provocazione per la nostra fede: quel “buio”, quella prova difficile che, per esempio, ha sperimentato a lungo anche una Santa come madre Teresa».
Riguardo a eventuali incertezze personali, Delpini si definisce «un uomo semplice».
«Come ho superato i dubbi? Non ne ho avuti: ho avuto dei passaggi di introduzione alla preghiera, alla contemplazione, allo sperare attraverso lo studio della verità cristiana, come il mistero della Trinità, qualche volta, anche attraverso le sofferenze che non mi hanno creato dubbi di fede, ma semmai portato ad approfondire alcuni tratti della rivelazione cristiana per capirne di più».
Infine, l’Editto per gli accompagnatori dei neofiti richiesto dal loro rappresentante Alessandro
«Il mio Editto è che, in occasione della festa di Pentecoste, gli accompagnatori scrivano una lettera personale al Catecumeno o al neo battezzato, con qualche consiglio e che, a loro volta, essi scrivano una lettera al parroco o all’accompagnatore per dire grazie, ma soprattutto per offrire la propria disponibilità».