L’esperienza di amicizia, prossimità, condivisione e apertura alla comunità cristiana condotta tra le persone con disabilità e le loro famiglie dal movimento «Fede e Luce», ideato da Jean Vanier

Jean Vanier
Jean Vanier

di Marta TRESOLDI e Giuseppe ARRIGONI

«Vieni e vedi» è stato l’invito che più di trent’anni fa ci ha coinvolti come gruppo di giovani, quando abbiamo intrapreso l’avventura che si chiama «Fede e Luce». Questo movimento, ispirato da Jean Vanier (90 anni appena compiuti), ha come vocazione quella di vivere la comunità, luogo della festa e del perdono, attraverso le relazioni di amicizia che si stringono nel tempo tra persone con disabilità, le loro famiglie e gli amici. I nostri incontri sono feste: si gioca, si canta, si balla, si mangia insieme e si prega. Abbiamo uno stile che ci caratterizza: i nostri momenti di preghiera sono sempre ricchi di gesti, racconti evangelici mimati, oggetti simbolici.

Una quindicina di anni fa alcune famiglie con figli disabili di 8-9 anni d’età hanno espresso il desiderio di farli partecipare alla catechesi e alle attività oratoriane con i loro coetanei. Il parroco quindi ci ha chiesto un aiuto, ed è stata per noi l’occasione per intraprendere il cammino verso l’obiettivo di «Fede e Luce». Lo scopo infatti non è quello di vivere bene nel nostro gruppo, magari accogliendo nuove famiglie all’interno, ma di aprirsi alla comunità cristiana partecipando, dove e quando possibile, alle varie celebrazioni e iniziative. Abbiamo cominciato ad affiancare i catechisti nei vari gruppi, cercando di fare da supporto e al tempo stesso da riferimento per le famiglie dei ragazzi disabili. Però questo approccio portava inevitabilmente a vivere la stessa dinamica scolastica, cioè ragazzo-insegnante di sostegno, e non arricchiva il resto del gruppo. Siamo diventati catechisti anche noi e questa si è rivelata la strada giusta da percorrere, perché così potevamo condividere l’esperienza nei suoi molteplici aspetti: dal pensare insieme i percorsi di catechesi all’organizzare le varie iniziative.

Questo aspetto della condivisione è molto importante. La nostra esperienza derivava tutta da «Fede e Luce», così abbiamo cominciato a fare catechesi con il nostro stile, cercando sempre di visualizzare la Parola o i vari racconti con immagini, oggetti o mimi, semplificando il più possibile i concetti. Questo «metodo» richiede indubbiamente molto più tempo per la preparazione dell’incontro, nella ricerca del materiale e dei linguaggi più appropriati, ma ci educa tutti all’attenzione verso il più fragile.

Il nostro non è stato dunque un percorso di accompagnamento della persona disabile «verso i sacramenti», bensì un accompagnare il gruppo, di cui fanno parte i ragazzi più fragili, nella comunità cristiana dove c’è un posto anche per loro. A piccoli passi questi ragazzi ti insegnano ad uscire dagli schemi, a non temere i fallimenti, fino a scoprire che non sei tu ma loro ad accompagnarti all’essenziale: Gesù.

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