La vendita dell’area del bosco di via Falck consentirebbe di ampliare l’offerta sociale della Fondazione, impegnata a varare un intervento che sia anche ecosostenibile
di Claudio
URBANO
È certamente una valorizzazione quella prevista dalla Fondazione Casa del Giovane «La Madonnina» sull’area di proprietà in zona Gallaratese-San Leonardo, a Milano. Un intervento che prevede la cessione del sito e la realizzazione di diversi edifici residenziali, ma anche il mantenimento di gran parte dell’area verde esistente e la previsione che alcuni dei servizi di rilevanza sociale tornino proprio in questa sede, quando il progetto sarà ultimato. Per questo Giovanni Carrara, presidente della Fondazione, respinge le accuse del «Comitato popolare di cittadini per la difesa del bosco di via Falck», che contesta l’abbattimento di parte delle alberature esistenti. Da una parte, infatti, Carrara sottolinea l’attenzione già mantenuta nel progetto per salvaguardare il più possibile la vegetazione. Dall’altra ricorda le motivazioni che hanno portato alla decisione di cedere l’area, per rilanciare l’azione sociale della Casa del Giovane, che nelle sue strutture ospita 90 minori non accompagnati.
Le motivazioni
Facciamo quindi un passo indietro, con le motivazioni che hanno spinto a cercare una destinazione alternativa per questo complesso. La Fondazione punta a rilanciare la propria attività educativa – l’ente diocesano nacque negli anni Cinquanta per ospitare chi cercava lavoro a Milano, ma negli ultimi 20 anni l’impegno si è spostato verso i minori non accompagnati e in affidamento – superando anche le difficoltà economiche che hanno appesantito i conti negli ultimi anni. Da qui la decisione di cedere l’area affidandola a Redo Sgr, società specializzata in investimenti immobiliari a destinazione sociale, e allo stesso tempo la volontà di distribuire su tutto il territorio cittadino, ad esempio in immobili attigui alle parrocchie, le comunità di minori, favorendo così anche le possibilità di scambio con i coetanei e dunque facilitando, per gli ospiti, il percorso di crescita e integrazione. Una parte, quest’ultima, già attuata, con un investimento di quasi 2 milioni di euro per la ristrutturazione dei nuovi immobili utilizzati.
Il progetto
Sull’area di San Leonardo, che si estende per 63 mila metri quadri, sorgeranno invece edifici (dai 6 ai 14 piani) ad uso residenziale. E se l’indice di edificabilità è elevato (si prevede un costruito di 57 mila metri quadri) grazie alla vicinanza alla fermata San Leonardo della M1, il progetto prevede però una sostanziale parità tra edilizia libera ed edilizia residenziale sociale, quella cioè con canone concordato a un livello inferiore rispetto a quello di mercato (per dare un metro di paragone, nei piani di riqualificazione degli scali ferroviari milanesi viene riservato all’Ers al massimo un terzo del totale costruito). Ci sarà anche uno studentato e si prevede che la Casa Famiglia Gerico, Centro diurno che lavora con i disabili, torni in loco una volta ultimato il progetto. «Rispetto al progetto presentato nel 2022 il costruito previsto è stato ridotto del 10%, e tutto a favore dell’edilizia convenzionata», sottolinea Carrara.
Le contestazioni
I cittadini contestano però l’abbattimento di troppe alberature di valore, in quello che è uno storico polmone verde. Anche su questo lato, però, il progetto presentato lo scorso 6 giugno al Municipio 8 (che poi dovrà fornire un proprio parere) è stato rivisto, con una netta riduzione dei numeri. Il primo progetto avrebbe toccato 237 alberi dei 616 esistenti; quello attuale prevede di espiantarne 136, oltre alla piantumazione di 715 essenze in loco e nelle zone limitrofe. Inoltre, sottolinea Carrara, «i nuovi edifici insisteranno su una zona ex cava e principalmente sul sedime già costruito che già ora ospita i campi sportivi, e che necessita di una bonifica, mentre la zona a verde sarà restituita alla cittadinanza».
Quello presentato è dunque «un tentativo serio di cercare un punto di equilibrio tra diverse esigenze», sottolinea Carrara, che non chiude a priori a ulteriori miglioramenti o a nuove soluzioni, sempre che corrispondano alle esigenze della Fondazione. Ma «spiace – ribadisce il presidente – vedere contrapposti i diritti: c’è un diritto all’ambiente, ma c’è anche il diritto a continuare a fornire assistenza a chi ha bisogno nella nostra città».
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