Campagna in favore della Casa di accoglienza di Harar, sostenuta dal frate lombardo Monsignor Angelo Pagano e gestita da una anziana suora italiana
L’Etiopia è uno dei 22 Paesi del mondo dove la lebbra è ancora endemica, ovvero dove il numero di casi rimane elevato e continua a rappresentare non solo un dramma personale, ma anche un problema di sanità pubblica: lo rende noto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
Nella diocesi di Harar, retta dal frate Cappuccino lombardo monsignor Angelo Pagano, il Vicariato apostolico sostiene una “Casa di accoglienza per anziani e lebbrosi” che fa da riferimento anche per tutti i vicini villaggi, offrendo ospitalità, assistenza igienica e medica, cibo e abbigliamento: insomma, dando risposte concrete alle necessità primarie di questi bisognosi, oltre spesso a rifornire di cibo le loro famiglie.
L’appello
Le attività missionarie dei Frati Cappuccini di Lombardia hanno il supporto a loro volta del Centro Missionario di Milano di piazzale Cimitero Maggiore 5, guidato da fra Marino Pacchioni. Da qui, per la prossima Pasqua, si leva ora un appello per una raccolta fondi da destinare proprio all’assistenza dei lebbrosi di monsignor Pagano.
L’istituto è attivo da circa trent’anni e sorge dove un tempo c’era un lebbrosario, nella stazione missionaria di Sant’Antonio ad Harar. È portato avanti da suor Irene, dell’Ordine delle Cappuccine di Santa Francesca Rubatto, italiana, in Etiopia da 54 anni e da 10 dedicata alle vittime del terribile morbo di Hansen. Ogni giorno arrivano “operatrici” locali ad aiutarla.
I malati sono donne, uomini e bambini di ogni età, che vivono in condizione di estrema povertà e di isolamento. Al momento gli anziani residenti sono 5, tra cui un lebbroso; ogni ospite ha la sua stanza, la struttura è dotata di locale cucina e servizi igienici e i degenti si avvalgono per le cure mediche del vicino ambulatorio, pure gestito dalle suore di Madre Rubatto. I lebbrosi che non possono recarsi al dispensario sono assistiti a casa, i malati gravi vengono trasportati all’ospedale di Besidimo, a 25 km da Harar, sempre a spese del vicariato apostolico.
Che cosa si chiede
Spiegano al Centro Missionario di Milano: «I lebbrosi in genere sono molto poveri e non si lasciano soccorrere facilmente perché vogliono essere liberi di andare a chiedere l’elemosina. Per questo viene chiesto loro per il trattamento un minimo contributo di 20 birr (0,30€), perché altrimenti, se non si responsabilizzano, quando iniziano a stare meglio sospendono le medicine. Invece specialmente quando sono presenti piaghe, è molto importante non trascurare i trattamenti. Impossibile stimare il numero delle persone che viene curato». Nel 2019 erano stati segnalati 3.393 nuovi casi di lebbra in Etiopia. Paradossalmente nelle aree più remote dove la malattia è più diffusa, l’accesso alle cure sanitarie è più limitato.
Per donare: causale Progetto “Lebbra in Etiopia”, iban IT 83 J 03069 09606 100000119290 intestato a: Provincia di Lombardia dei Frati Minori Cappuccini