Preparandosi con un corso di esercizi spirituali all’ordinazione episcopale del 26 febbraio in Duomo, il Vescovo nominato di Volterra ripercorre il cammino che l’ha portato fin qui: il ministero sacerdotale, l’insegnamento a scuola e gli altri incarichi ricevuti
di Annamaria
Braccini
Riceverà l’ordinazione episcopale dalle mani dell’Arcivescovo, sabato 26 febbraio in Duomo, dove nel 1979 è divenuto sacerdote ambrosiano. Monsignor Roberto Campiotti, nato a Varese, classe 1955, vescovo nominato di Volterra – Diocesi in cui farà il suo ingresso solenne il 27 marzo -, descrive i sentimenti con cui vive questi momenti: «Considero l’attesa dell’ordinazione, anzitutto, come una preparazione. Per questo ho predisposto alcuni giorni di ritiro nei quali, a Varese in modo privato, svolgerò gli esercizi spirituali. Ho scelto come tema un corso di esercizi a cui ho partecipato qualche anno fa: “Niente anteporre all’amore di Cristo”, che richiama anche il motto che ho scelto per il mio stemma episcopale, Christo nihil praeponere».
Quando il 12 gennaio venne resa pubblica la sua nomina, lei disse che l’unica missione «è portare Cristo all’uomo e l’uomo a Cristo». Questo pare particolarmente complesso, oggi, in una società secolarizzata come la nostra. Quale crede che sia il punto cardine di questa missione?
Ci sono due aspetti: quello dei fratelli con cui si condivide già la fede, vivendo una realtà di comunione e di appartenenza alla Chiesa, e quello del rapporto con chi può essere lontano. Qui credo che vi sia comunque un punto di grande forza per avviare un dialogo: il cuore dell’uomo che è fatto per trovare risposte. Un cuore che rappresenta una domanda inesauribile di senso e di verità e, quindi, di bellezza, di bene, di giustizia, di amore. È un’esigenza insopprimibile e infinita che ha un’unica risposta: Cristo. Per questo in ogni situazione ritengo che sia fondamentale fare leva sul cuore dell’uomo, partendo dalle esigenze concrete che ciascuno vive ogni giorno. Come diceva sant’Agostino: «Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te».
La sua esperienza sacerdotale si è articolata nella cura pastorale, specialmente a Sumirago e, successivamente, nella rettoria del Collegio ecclesiastico internazionale San Carlo Borromeo di Roma. Come definirebbe queste tappe del suo cammino?
I primi 31 anni di sacerdozio li ho vissuti nella pastorale cosiddetta ordinaria, facendo per 16 anni il vicario parrocchiale in diverse realtà e 15 il parroco e responsabile di Comunità pastorale, appunto a Sumirago. Tuttavia leggo la mia vicenda in modo unitario, come l’esperienza di un sacerdote che appartiene a una comunità e che accompagna nella fede e all’incontro con Cristo le diverse stagioni e gli ambienti della vita. In questi trentun anni ho anche insegnato religione per un quindicennio, soprattutto nelle scuole superiori. Da qui l’importanza che ho sempre attribuito al rapporto con i ragazzi e con i giovani, perché possano trovare una risposta adeguata al loro bisogno di fede.
E poi è venuto l’impegno internazionale…
I miei incarichi qui a Roma sono stati due: come rettore di un Collegio ecclesiastico internazionale, ho vissuto con sacerdoti giovani che vengono da tutto il mondo per studiare, avendo la possibilità di conoscere realtà e culture completamente differenti. Inoltre sono primicerio dell’Arciconfraternita dei Santi Ambrogio e Carlo della nazione lombarda, una realtà risalente al 1471: i lombardi che venivano a Roma si associavano in confraternite per vivere la fede e inserirsi nella società romana del tempo. Il primicerio è anche il custode del cuore di San Carlo, conservato nella Basilica di San Carlo al Corso, di cui l’Arciconfraternita è proprietaria e dove si svolge un momento di preghiera settimanale con i membri.
Il motto della sua classe di ordinazione sacerdotale era «Dire all’uomo che Dio ha un volto». Lo ricorda?
Non è un ricordo, è un’espressione che è stata sempre presente in tutte le mie esperienze: non c’è Dio senza Cristo e non c’è Cristo senza Chiesa; quindi il volto di Dio è quello di Cristo e della Chiesa, che passa attraverso realtà umane e le nostre persone.
Dal punto di vista organizzativo nei preparativi la sta aiutando qualcuno?
Mi sto affidando al Moderator Curiae, monsignor Bruno Marinoni, e al Maestro delle Cerimonie, monsignor Claudio Fontana, che stanno organizzando tutto in modo straordinario e che ringrazio molto perché mi sollevano da molte preoccupazioni. Naturalmente mi sarà vicina la mia famiglia: siamo in tanti, sette fratelli e venti nipoti.