Il Vicario: «In luogo della dominazione del Creato, il Pontefice indica l’obiettivo di una comprensione più profonda dell’equilibrio che lo anima, ossia l’amore di Dio»
di Annamaria BRACCINI
La cura della Casa comune che ha urgente bisogno che cambi qualcosa a livello collettivo per perseguire una nuova solidarietà universale. Perche l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la questione dell’acqua e la perdita delle biodiversità stanno mettendo a rischio la sostenibilità del Creato. A usare queste parole non sono ecologisti estremi, pericolosi sognatori, catastrofisti: è il Papa nella sua seconda enciclica, intitolata Laudato si’, di francescana memoria.
«Potremmo dire che il Papa ritraduce nel presente l’intuizione di San Francesco, chiedendosi come sia possibile vivere lo stile francescano dopo la rivoluzione industriale e soprattutto dopo quella tecnologica e tecnocratica – riflette il vicario episcopale monsignor Luca Bressan -. È la ragione per cui dice che il modo migliore per salvaguardare il pianeta sia usare l’intelligenza e le nuove scoperte, secondo un obiettivo che non è quello della dominazione del Creato, ma di una comprensione più profonda dell’equilibrio che lo anima, ossia l’amore di Dio».
Nel suo intervento per l’apertura di Expo, i cui temi sono collegati con tutto questo, il Papa ha parlato di «globalizzazione della solidarietà». Un’ecologia naturalistica è anche sempre un’ecologia «sociale», per usare un’espressione stessa del Pontefice…
Da questo punto di vista l’enciclica si colloca nel solco del pensiero sull’ecologia umana di Giovanni Paolo II – «totale», la chiamava – e di Benedetto XVI. Il Papa parla di ecologia integrale per dire che non si può essere ecologisti in modo superficiale, in quanto una vera ecologia deve ripartire dal nostro modo di “pensarci” dentro la terra, immaginando in modo diverso le tre relazioni costitutive: con Dio, con gli altri e con il Creato. È significativa l’applicazione che Bergoglio ne fa, per esempio, riguardo il grande problema della crescita demografica: il Papa sottolinea che il modo migliore è quello di aiutare il Creato ad accogliere la crescita demografica, anziché imporre una salute riproduttiva, attraverso politiche che servono solo a custodire il benessere e il consumismo dei Paesi più ricchi.
In questo senso l’enciclica è anche un forte grido di accusa contro la «Cultura dello scarto». Si chiamano in campo le grandi banche, le multinazionali, la finanza, che non può essere considerata un moloch intoccabile…
Certamente. L’enciclica è un’accusa allo sviluppo di un pensiero “di corto respiro”, a una sorta di narcisismo mascherato, sempre centrato sul proprio ego. È rilevante che il Santo Padre dica che alla base della logica tecnocratica c’è questo modo di pensare, nel momento in cui ci si pone di fronte al mondo, trattandolo come un oggetto dal quale “spremere” unicamente tutto ciò che serve.
Laudato si’ si rivolge a tutti – ai cristiani chiede una presa d’atto del proprio peccato -, ma in fondo è un invito alla conversione universale per una vita sostenibile. Siamo ancora in tempo?
Il Papa non vuol essere «profeta di sventura», come diceva il suo predecessore san Giovanni XXIII, ma, al contrario, chiama tutti a una precisa responsabilità. Lo scopo dell’enciclica è aiutarci a vedere quale grande compito abbiamo.