Col progetto“Infermiere di Parrocchia” la parrocchia milanese si è classificata quarta nel concorso nazionale Cei, ottenendo così 8000 euro dai fondi 8xmille

di Massimo PAVANELLO
Incaricato diocesano "Sovvenire"

Bovisasca

Nella chiesa di San Filippo Neri, nel quartiere Boviscasca di Milano, una attività embrionale era già partita nei mesi pre-pandemia. Le contingenze, però, hanno dato una forte accelerazione al progetto, denominato “Infermiere di Parrocchia”. Perfezionatosi, a settembre ha così vinto il 4° premio del concorso nazionale TuttixTutti, ottenendo 8000 euro dai fondi 8xmille.

La parrocchia milanese frequenta abitualmente le proposte del Sovvenire e non è la prima volta che si classifica nella top-ten. Il parroco, don Ivan Bellini, si dice convinto che questa impresa «sia solo una conferma di quanto, nel periodo del lockdown, ha trovato ribalta. La mia parrocchia, come tutte quelle italiane, è stata vicina ai bisogni della gente. Ma è la prassi. Ciò non è stato innescato dall’emergenza». E circa l’impegno a promuovere il Sovvenire, conferma che «basta che vi sia qualche laico convinto, come ho la fortuna di avere qui, che le iniziative di promozione vengono da sé. Soprattutto se si sfruttano quelle che già ci sono: un pranzo comunitario, una assemblea, possono diventare spazio per raccolte di firme, informazioni costanti, sensibilizzazione».

A coordinare i fronti fragili legati alla terza età – come espressione della comunità – c’è l’associazione Locanda di Gerico con l’artigiano di quartiere; il carrello senza ruote; il telefono anziani; la sartoria sociale.

Anche il progetto “Infermiere di Parrocchia” raggiunge le fasce più marginali del quartiere. L’associazione, con la sua rete di prossimità, conosce il territorio e avvicina con facilità le persone. La nuova figura individuata, media tra i bisogni degli anziani ed i servizi messi a disposizione dalle strutture deputate.

Anche il “Decreto rilancio”, stilato dal governo, rivaluta questa esperienza che viene dal basso, prevedendo di irrobustire una analoga «assistenza proattiva infermieristica per le attività domiciliari».

Quello della parrocchia di san Filippo Neri in Bovisasca è un frutto. Ma nuovi fiori stanno sbocciando dallo stesso ramo. Uno studio di fattibilità, ad esempio, è stato messo in cantiere nella limitrofa parrocchia di santa Giustina di Affori e nell’agglomerato di tre torri in via Vincenzo da Seregno, dove opera una religiosa delle suore poverelle di Bergamo.

Stefano Villa è Direttore del Master in Operations Management nelle Aziende Sanitarie presso l’Università Cattolica. Avendo accompagnato questo progetto, così lo riassume: «L’obiettivo generale è ridurre il più possibile il ricorso alle strutture ospedaliere da parte della popolazione fragile, evitando che situazioni critiche sfocino nel noto fenomeno del revolving door». Un tecnicismo leggiadro – porta girevole – che indica invece una dura realtà dei nostri giorni. In alcuni casi le famiglie, per l’impossibilità di sostenere i costi elevati delle rette, sono costrette a ritirare i propri anziani dalle case di riposo, dando vita all’andirivieni ospedale-casa-ospedale.

Il professor Villa dettaglia ancora meglio, precisando che la presenza dell’infermiere di quartiere contribuirà «alla riduzione degli accessi non appropriati nei nosocomi; alla più regolare assunzione domiciliare delle terapie farmacologiche; al rispetto della frequenza di visite ed esami; alla migliore soddisfazione del paziente; al superamento di situazioni di forte disagio e solitudine».

A regime, il progetto prevede l’assunzione di una infermiera professionale a tempo pieno (ad oggi ci sono solo figure part-time), l’affitto di un locale di proprietà ALER e l’allestimento di una sala attrezzata dal punto di vista igienico sanitario. I servizi erogati sono gratuiti.

 

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