Monsignor Bressan presenta l’incontro in Duomo col Patriarca dei Maroniti, che lui stesso introdurrà: «Il nostro primo gesto sarà il silenzio e il rispetto, perché grazie a quel martirio noi comprendiamo la forza della nostra fede e l’esemplare coraggio che ci deve guidare nell’annunciarla»

di Annamaria BRACCINI

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«Ascoltare Sua Beatitudine sarà importante e utile per tutti noi – spiega il vicario episcopale monsignor Luca Bressan, che martedì 27 ottobre in Duomo introdurrà l’incontro con il cardinale Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti in Libano, e sarà accanto a lui -. La nostra Diocesi intende, così, proseguire in quella conoscenza di altre realtà e della nuova evangelizzazione, declinata secondo le urgenze pastorali di diverse parti del mondo, che abbiamo sperimentato nei precedenti incontri con i cardinali Schönborn, Tagle, O’Malley e Onaiyekan».

Parlando di cristiani in Medio Oriente e di Libano non si potrà che affrontare il tema del martirio…
Certamente. Accoglieremo il Patriarca come testimone di una Chiesa che sta subendo il martirio. Arriviamo a questo incontro-dialogo nella consapevolezza di quanto si legge nella Lettera pastorale Educarsi al pensiero di Cristo che si apre proprio con le parole dedicate dal cardinale Scola all’esperienza del suo viaggio in Libano e in Iraq, in cui il nostro Arcivescovo è stato accompagnato appunto dal cardinale Béchara Raï. Nella stessa logica di «percorrere tutte le vie dell’umano nel campo del mondo» – come ci invita a fare Scola -, vogliamo vivere questo momento in Cattedrale, sapendo di avere come ospite il Pastore di una Chiesa bagnata dal sangue dei martiri. Quindi il primo gesto che faremo sarà un segno di silenzio e di rispetto, perché è grazie a quel sangue versato che noi comprendiamo la forza della nostra fede e l’esemplare coraggio che ci deve guidare nell’annunciarla.

Nell’orizzonte della nuova evangelizzazione, oltre al tema primario ed evidente del martirio, la Chiesa del Libano può insegnare anche un nuovo atteggiamento rispetto all’accoglienza, riflettendo sui milioni di profughi ai quali attualmente il Paese dei Cedri offre ospitalità?
La Chiesa libanese è molto interessante per la sua capacità di mediazione che riesce a rendere sostenibile e ordinaria una situazione emergenziale come quella dell’accoglienza. Occorre dire che, relativamente a questo aspetto, noi europei siamo senza dubbio più deboli nell’elaborare risposte, anche come credenti. Inoltre possiamo leggere tale ruolo di mediazione anche in un altro senso. La Chiesa nel Libano ci dimostra come, in uno Stato che registra la presenza di più fedi, ma con la sostanziale parità tra cristiani e musulmani – tanto che da essere definito un Paese bi-religioso – il prestigio acquisito e universalmente riconosciuto al Patriarca possa farsi “ago della bilancia” in situazioni di difficoltà e di conflitto. Il Cardinale, infatti, ha raccolto intorno a sé un clima di rispetto e di ammirazione per come ha saputo lavorare in vista del bene comune e tutto questo fa di lui un personaggio pubblico di alto profilo, capace di avere influenza anche sui destini della Nazione.

Il cardinale Béchara, a Milano lo scorso anno, ha richiamato come la nostra Diocesi, guidata da un Arcivescovo che ha sempre promosso il dialogo tra le due sponde del Mediterraneo, sia crocevia di pace. In uno scambio proficuo Milano può essere d’aiuto alle Chiese che soffrono?
Dobbiamo, anzitutto, imparare a non essere spettatori guardando, da un situazione di assoluto favore, i drammi del mondo. Chiediamoci cosa possiamo fare in prima persona e, insieme, come Comunità ecclesiale. Pensiamo agli appelli rivolti dal cardinale Scola, come quello per l’acquisto dei due generatori di corrente per il campo profughi di Erbil nel Kurdistan iracheno. Un soccorso che deve essere materiale, quindi, ma anche spirituale nel promuovere cammini di riconciliazione, di pace e di conversione del cuore.

Il Patriarca è stato a Milano per l’avvio, nella chiesa di Santa Maria della Sanità, del Servizio pastorale per la Comunità maronita libanese. Aver voluto offrire, come Diocesi, uno spazio per la Comunità di rito antiocheno, è un segno importante…
Sì. Grazie proprio a questa presenza e “amicizia” tra Chiese abbiamo, da due anni, promosso incontri di dialogo, specie per i giovani, nel giorno dell’Annunciazione (nel 2016 si svolgeranno il 4 aprile, perché il 25 marzo è venerdì santo). Una giornata che è festa nazionale scelta dal Libano appunto perché unisce tre fedi attraverso Maria, una ragazza ebrea, madre del salvatore Gesù, figura di donna venerata dall’Islam.

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