Nella proposta pastorale dell’Arcivescovo un filo rosso che parte dal Vangelo e approda al Vaticano II. Particolarmente significativo ed efficace il sottotitolo: «Si può evitare di essere stolti»
di Gianni
BORSA
Interrogarsi, porsi le domande giuste, riflettere, confrontarsi con gli altri e, insieme agli altri, alzando lo sguardo al Cielo, costruire il domani con rinnovati impegno e fiducia. La proposta pastorale 2020/2021 «Infonda Dio sapienza nel cuore», che l’arcivescovo Mario Delpini traccia per la diocesi ambrosiana, rimanda alla sapienza, dunque a un’intelligenza radicata e ispirata. Sullo sfondo traspare, quasi a ogni pagina, il tempo del Covid-19, che ha segnato profondamente l’esistenza di ciascuno, in ogni angolo del pianeta, e che ci consegna oggi una crisi da affrontare con coraggio e determinazione. Siamo sulla stessa barca, occorre remare tutti dalla stessa parte…
Ma, leggendo la lettera del nostro vescovo con gli occhi del comunicatore, trovo assolutamente efficace il sottotitolo: «Si può evitare di essere stolti». Chiaro, puntuale, va al dunque. Così come era stato lo splendido titolo del Discorso alla città nella festa di Sant’Ambrogio del 2018: «Autorizzati a pensare».
Non mi addentro – anche per ragioni di spazio e di insufficienti competenze – nell’articolato testo della lettera per l’anno pastorale che ci attende. Mi soffermo invece su questo invito dell’Arcivescovo a ragionare, a leggere in filigrana il vissuto quotidiano, a cercare chiavi di lettura dei nostri giorni con gli occhi della fede. In fin dei conti un richiama a essere «discepoli della sapienza» e «con sapienza»; credenti moderni che mentre provano a vivere da cristiani con l’aiuto della Parola e dei sacramenti, stanno dentro il tempo e il mondo, condividendo con ogni essere umano la storia nella quale il Signore li pone. Vi si scorge un filo rosso che parte dal Vangelo, passa per la lettera A Diogneto, trova un approdo e un trampolino nel Vaticano II.
Papa Francesco e monsignor Delpini richiamano a un «esercizio di docilità allo spirito», al dialogo fraterno, a valorizzare l’intelligenza umana che, illuminata dalla fede, si predisponga al futuro avendo come riferimento gli insegnamenti del Signore e la “pratica” nella comunità ecclesiale. Insomma, una rinnovata intelligenza pastorale, anche alla luce della tragica esperienza del coronavirus, che vogliamo lasciarci alle spalle assumendone però insegnamenti e orientamenti prospettici.
L’Arcivescovo di Milano ricorda le recenti parole del Papa alla gente di Lombardia: «La pandemia ha segnato a fondo la vita delle persone e la storia delle comunità», ora «occorre costruire il domani: esso richiede l’impegno, la forza e la dedizione di tutti». Facendo tesoro di quanto abbiamo vissuto «potremo uscire da questa crisi spiritualmente e moralmente più forti; e ciò dipende dalla coscienza e dalla responsabilità di ognuno di noi. Non da soli, però, ma insieme e con la grazia di Dio. Come credenti ci spetta testimoniare che Dio non ci abbandona, ma dà senso in Cristo anche a questa realtà e al nostro limite; che con il suo aiuto si possono affrontare le prove più dure. Dio ci ha creato per la comunione, per la fraternità, e ora più che mai si è dimostrata illusoria la pretesa di puntare tutto su se stessi, di fare dell’individualismo il principio-guida della società».
Questo sguardo credente, che legge la realtà abitandola, si comprende appieno anche con la scelta di proporre in principio le linee pastorali e la prima delle lettere (“Per l’inizio dell’anno pastorale”) che accompagneranno il cammino diocesano nei prossimi dodici mesi. Le altre lettere giungeranno a tempo debito per l’Avvento, la Quaresima e la Pentecoste. Decisione significativa: la pastorale diocesana non si astrae dal tempo umano, semmai lo accosta, lo illumina, lo feconda, lo serve. E chiede a ciascuno di fare, con intelligenza e cuore, la propria parte.