«Dopo la pandemia è molto più forte il bisogno di accogliere e di sentirsi accolti», spiega padre Francesco Giuliani, decano del territorio in cui è in corso la Visita pastorale dell'Arcivescovo
di Cristina
CONTI
Fino al 29 gennaio è in corso la Visita pastorale dell’Arcivescovo al Decanato Barona-Giambellino (vedi qui il programma). «Il nostro Decanato è formato da tredici parrocchie – spiega il decano padre Francesco Giuliani, parroco del Santuario di Santa Rita -. Ci sono due Comunità pastorali (una formata da due parrocchie e l’altra da tre) e proprio adesso ne sta nascendo una terza, non sappiamo ancora se sarà di due o tre parrocchie. Prima Barona e Giambellino erano due Decanati separati. Ora sono stati uniti e per l’occasione è stato coniato anche un simbolo, una croce con un ponte, quello che unisce i due quartieri».
Com’è la situazione sociale del vostro territorio?
Nel corso degli anni si è molto evoluta. In passato la Barona ha avuto una situazione dilagante di disagio, delinquenza e spaccio. Adesso invece è un quartiere residenziale, abitato da lavoratori e dalla piccola borghesia. Il Giambellino invece è più popolare. Si tratta di quartieri nati negli anni Cinquanta e Sessanta, c’è perciò una forte presenza di anziani. Anche se ormai si stanno trasferendo qui anche famiglie giovani. È molto bello poi il fatto che tra i condomini le persone si conoscono molto bene: a Milano oggi non è così facile che accada.
Giovani: a che punto siamo?
Proprio l’altro giorno, parlando con due ragazzi, ho chiesto loro cosa pensano della situazione dei giovani oggi. E non sapevano cosa rispondere. Sicuramente c’è uno scollamento e un disinteresse verso la società, che si è molto acuito con la pandemia. I ragazzi sono naturalmente attratti dall’amicizia e dalla vita di relazione. Con la fine della pandemia per loro è difficile tornare alla normalità e anche negli oratori si fa più fatica a riprendere la vita normale.
E la partecipazione alle attività parrocchiali e alle funzioni com’è oggi? Le persone sono tornate alla vita in presenza?
Dipende molto da parrocchia a parrocchia. Qui al Santuario di Santa Rita non si è avvertita una minore partecipazione. Ma qualcuno nel Decanato fa ancora fatica. Di certo c’è stato un distaccamento.
Prima la pandemia, poi il caro-energia: la crisi economica si è sentita molto nel vostro territorio?
Secondo me non siamo arrivati ancora al cuore del problema. Qualcosa si sente, ma per ora la situazione non è ancora esplosa. In generale le parrocchie lamentano un calo delle offerte, cosa che, per fortuna, in questo momento non riguarda il Santuario. Ci sono poi da rilevare due fenomeni. Innanzitutto gli italiani hanno più reticenza a chiedere. È più facile vedere gli stranieri che vengono in parrocchia a domandare aiuto. Secondariamente, ormai, le strutture parrocchiali non sono più le sole che fanno carità: si è estesa molto anche la rete del volontariato e della solidarietà. Forse molti bisogni sono intercettati anche da queste realtà.
Gli immigrati sono molto presenti?
Sono presenti, ma non moltissimo. Un buon numero frequenta le parrocchie. Per loro non sono previsti però cammini o attività specifiche. Partecipano alla pastorale ordinaria e sono ben integrati all’interno delle singole comunità. Come anche in altre realtà diocesane, la loro presenza è molto forte in oratorio, in particolare durante i mesi estivi, quando le scuole finiscono, soprattutto se i genitori lavorano entrambi.
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