La presidente ambrosiana Silvia Landra presenta la XVI Assemblea diocesana elettiva, in programma all’Università Cattolica con l’intervento del cardinale Scola: «Si delinea il profilo di un’associazione diversa, che risponda alle esigenze degli uomini e delle donne di questo tempo»

di Marta VALAGUSSA

Silvia Landra

A una settimana di distanza dalla XVI Assemblea diocesana di Azione Cattolica ambrosiana – in programma domenica 12 febbraio all’Università Cattolica (largo Gemelli 1, Milano), con l’intervento del cardinale Scola – incontriamo la presidente Silvia Landra per comprendere meglio il senso e il valore di questo momento.

«Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale» è il titolo della XVI Assemblea elettiva proposto dal centro nazionale di Azione Cattolica. Cosa significa?
Dice innanzitutto una grande rassicurazione che viene dalla fede: è il Signore che ha il potere di trasformare, di consentire alla storia di procedere verso il bene, anche quando noi vediamo solo incomprensioni e battute d’arresto. Certo il richiamo per noi soci è quello di prendere seriamente coscienza del cambiamento e a porci attivamente nel “fare cose nuove”.

Come il territorio ambrosiano ha vissuto la preparazione all’assemblea, appuntamento triennale nella vita di Azione Cattolica?
Il territorio ha accolto seriamente la sollecitazione di compiere una lettura profonda della realtà ecclesiale e civile delle diverse città e comunità della diocesi, realizzando nelle oltre 230 assemblee elettive locali che si sono celebrate una verifica più ricca di prospettive e idee progettuali che non di lamentele. Sia chiaro: c’è ovunque una lucida e ferma presa d’atto della forte crisi di impegno e partecipazione nelle diverse realtà, una fatica a comunicare nelle relazioni più prossime e a esprimere costanza e passione per un impegno sociale e civile. Tuttavia la gran parte delle associazioni non si è sottratta alla richiesta di delineare un sogno, un profilo di Ac locale diversa, che risponda alle esigenze degli uomini e delle donne di questo tempo. Ogni associazione si è poi impegnata a delineare un progetto e a stabilire con quali alleanze, ecclesiali e civili vorrà realizzarlo. Tutti i progetti si riferiscono a un’idea di Chiesa che sta tra le case della gente. Aumenta la riflessione sui migranti, sulla fragilità, sulla necessità di dialogare di politica e con i politici.

Un bilancio del triennio passato?
Rileggere il triennio guardando al territorio significa esprimere una varietà e una densità di difficile sintesi. Abbiamo avuto associazioni che sono rifiorite, gruppi nati da poco, ma anche realtà che devono recuperare mordente. Dal punto di vista del gruppo di lavoro diocesano, sono grata per il dono di una squadra coesa, di un organo direttivo quale è stato il Consiglio diocesano di questo triennio, molto capace di elaborare, comprendere, diffondere. Guardo alle Feste della Pace che i ragazzi dell’Acr promuovono nelle zone e alla loro capacità di coinvolgere adulti e famiglie sui temi dell’impegno civile, come a una sorpresa sempre grande sul potenziale che i più piccoli rappresentano nella Chiesa. Ho visto i giovani impegnati in una verifica seria sulla necessità di sperimentare strade nuove e coraggiose per coinvolgere i loro coetanei e poi realizzare veramente iniziative concrete e belle verso i più poveri. Ho visto anziani che ci hanno sostenuto con la fedeltà, con la preghiera e con iniziative tutte le volte che hanno potuto. Ho visto adulti interrogarsi su nuove metodologie formative, sul coinvolgimento di più gente possibile a partire da una riflessione sulla quotidianità.

Cosa suggerire all’Ac ambrosiana per i prossimi tre anni? Quali i passi da fare?
Per il prossimo triennio mi auguro che continui l’impegno dei responsabili di Ac e di tutti i soci per la formazione a partire dalla concretezza, con un atteggiamento fresco e costruttivo. La gioia del Vangelo, la Evangelii Gaudium, ci attraversi davvero la vita. Affidiamoci allo Spirito, non riteniamoci indispensabili, però gustiamo il valore della nostra storia e della missione che ci è chiesta come Ac. Alziamo la testa, con uno stile pacifico e intelligente, nei luoghi decisionali della pastorale. Siamo esempi di fedeltà e passione nella famiglia. Non dimentichiamoci di chi sta peggio di noi: diventiamo sempre più accoglienti e inclusivi per vivere con orgoglio la laicità cristiana in tutti i luoghi di una giornata.

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