L’Arcivescovo ha incontrato gli amministratori locali della Zona III. Un territorio che, tra molte luci e qualche ombra, presenta molteplici articolazioni, spesso capaci di fare rete per il benessere dei cittadini
di Annamaria
Braccini
Perché una bambina, per Carnevale, vuole vestirsi da sindaco, con tanto di fascia tricolore e Costituzione in mano? Perché – risponde – vuole costruire un parco-giochi più grande e colorato e scavare un pozzo dove ognuno possa buttare un euro per le necessità di tutti. Il breve racconto rivolto dal sindaco di Lecco (quello vero) Virginio Brivio agli amministratori locali della Zona III, presso la Casa dell’Economia della Camera del Commercio, è come la sintesi dell’intera logica in cui si dipana il lungo confronto con l’Arcivescovo. Sindaci e amministratori nella scuola, nella sanità, nel governo del territorio, uomini e donne attivi nel volontariato, nella mediazione, servitori dello Stato, si alternano scegliendo per i loro interventi una parola o una frase del Discorso alla Città 2018. Si avvia così la serata, moderata dal responsabile dell’edizione lecchese de La Provincia Vittorio Colombo e definita dal Vicario episcopale di Zona monsignor Maurizio Rolla una «seminagione positiva e promettente».
Le voci del territorio
Da parte sua Paolo Brivio, giornalista e sindaco di Osnago, definisce Autorizzati a pensare «una provocazione mite»: «Cinque anni da sindaco mi hanno insegnato che c’è una strada tra il malumore dei cittadini e l’autoreferenzialità burocratica. È sempre possibile invitare gli uffici a trovare un ragionevole “sì”, per dare una risposta motivata e rispettosa al bisogno profondo del cittadino. Gli amministratori sono migliori, onesti e più competenti di quanto normalmente si pensi».
Se per Brizda Haznedari, mediatrice culturale della Cooperativa Arcobaleno, «è molto importante che, quando si ha a che fare con i cittadini stranieri, si offrano servizi e strumenti uguali, promuovendo la corresponsabilità di tutti e i sogni di ciascuno», secondo Luigi Adelchi Panzeri, presidente delle Acli provinciali, «si tratta di avere comportamenti di vicinanza, improntati all’intelligenza del buon padre di famiglia, perché la famiglia è il modello per realizzare il bene».
Marinella Pulici, presidente del Comitato consultivo misto Asst, in rappresentanza di associazioni diverse di operatori volontari nel comparto socio-assistenziale, sottolinea il ruolo dell’ascolto: «Anche i volontari devono essere ascoltati: chiediamo fiducia per poter dare fiducia».
È poi la volta del prefetto Liliana Baccari, che osserva: «Per raggiungere l’obiettivo del controllo sociale occorre la trasparenza sull’operato degli amministratori, anche per valutarne efficacia ed efficienza. L’attenzione sul nostro operato si fa particolarmente interessante per quanto attiene al tema della percezione della sicurezza. Dobbiamo avere l’umiltà di capire che nessuno basta a se stesso, come abbiamo fatto in questa città, dove si è creato un rapporto di “buon vicinato” tra le istituzioni, costruendo una rete pensante di competenze specifiche e trovando soluzioni condivise».
In rapida successione, altre riflessioni completano la “fotografia” del territorio, con le sue 26 mila imprese (5 mila solo nel Terzo settore), come illustra Daniele Riva, presidente della Camera di Commercio: «La semplificazione fa chiarezza, aiuta, sostiene, elimina discrezionalità». Parole cui fa eco Claudio Usuelli, presidente della Provincia e sindaco di Nibionno: «Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte, più liberi da preconcetti e ideologie».
Infine salgono sul palco Paolo Favini, direttore generale dell’Asst di Lecco (che invoca «ragione e ragionevolezza, senza le quali non si crea contratto sociale»), il dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale Luca Volonté (che scandisce: «La scuola può essere un vaccino per questa società nel suo stato di malattia attuale») e Marco Giovanni Piuri, amministratore delegato di Trenord, che parte «dal principio di realtà per essere autorizzati a pensare. Voler bene alla gente, non è un “di più”, ma deve essere parte strutturale di un’azienda. Dicendo con chiarezza come stanno le cose, ciò che paga davvero è scommettere sulla libertà delle persone».
Le parole dell’Arcivescovo
«Ringrazio per questa serata così ricca di analisi e di speranze, così appassionata, che testimonia l’impegno in tutti coloro che hanno responsabilità pubbliche e la sofferenza per le cose che non vanno. Con il mio Discorso ho inteso proporre una sorta di provocazione a cui voi tutti avete reagito con serietà e responsabilità».
Da qui la conclusione che diventa una consegna: «Il pensiero che parte dalla realtà non è solo quello che calcola e analizza, ma è anche poesia e sogno, lasciarsi prendere da una promessa. La realtà, infatti, non è un’appiattita collezione di dati che vede tante complicazioni e fatiche, ma contiene prospettive di futuro. Sogniamo di più: probabilmente il cammino delle nostre comunità locali sarebbe più leggero se condividessimo una speranza e non solo il bisogno di un benessere».
«Mi sembra che noi abbiamo la capacità di leggere, nella realtà, quello slancio ideale che vede la promessa contenuta nel realismo – prosegue -. Siamo contenti se abbiamo un desiderio, la convinzione di rispondere a una promessa. Potremmo risolvere tante complicazioni, che ci appesantiscono, inventando e creando un altro modo di fare le cose, cercando soluzioni. Siamo insieme per un bene che è comune, la cui visione più alta è il convivere solidale. Questa idea di convergere su qualcosa che ci stimola, nella consapevolezza di tante realtà in cui si ottengono risultati, mi porta a dire che stiamo costruendo una casa adatta, in cui quelli che vengono dopo di noi potranno trovarsi bene, nella speranza di edificare un mondo migliore. Il nostro cammino è lieto se, facendo gli scalpellini, coltiviamo l’idea che stiamo costruendo una cattedrale, oltre il duro lavoro di spezzare la pietra o di portare a casa il pane. Pensiamo a una festa per dire quanto siamo contenti di essere cittadini di questo Paese, protagonisti di questa storia, costruttori di questo futuro». Un’immagine suggestiva, suggellata dalla benedizione finale e dall’invocazione sui bisogni, le necessità, le speranze del territorio.