L’ha sottolineato l’Arcivescovo parlando ai Decani, ai segretari e moderatori dei Gruppi Barnaba della Diocesi riuniti a Seveso lo scorso 17 giugno

di monsignor Mario Delpini
Arcivescovo di Milano

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L'incontro di un'Assemblea sinodale decanale

Pubblichiamo ampi stralci della meditazione tenuta dall’Arcivescovo in occasione della Due giorni dei Decani della Diocesi, tenutasi a Seveso lo scorso 17 giugno, a partire dal brano di san Paolo Romani 16,1-27.

Una immagine della comunità “di Paolo”

La comunità è una trama di rapporti di persone che si salutano con il bacio santo. Sono persone diverse, si rendono utili in modo diverso per la diffusione del Vangelo.

Sono allusi ruoli, ma soprattutto sono riconosciuti servizi e apprezzate le relazioni: da una sorta di maternità verso l’apostolo, alla condivisione del carcere subìto per l’ostilità verso la predicazione del Vangelo, alla accoglienza in casa della comunità.

L’apostolo raccomanda di coltivare i buoni rapporti entro la comunità. Può anche essere che tutti abbiano buoni rapporti con l’apostolo, ma non tutti abbiano buoni rapporti tra di loro.

L’esortazione allo scambio del segno della pace può anche essere il segno di un imbarazzo, di rapporti complicati, di collaborazioni vissute come suddivisione di incarichi che non comportano mai l’incontro, la condivisione, il discernimento comunitario. Il rimedio che Paolo propone è lo scambio del bacio santo, in cui forse si può riconoscere simbolicamente riassunta l’esortazione di Rm 12,3-8.

La dedizione

Intorno all’apostolo si crea una rete di discepoli dediti alla missione, fino ad attraversare pericoli e fatiche. Non tutti sono collaboratori di Paolo. C’è una vita di cui Paolo fa parte, ma non tutto gira intorno a lui. Paolo però è grato di tutto e a tutti. La dedizione è per il Vangelo e per l’edificazione della Chiesa. Che cosa c’è in questi uomini e donne, coppie e singoli che rende per loro naturale il dedicarsi al Vangelo e alla missione? Nel capitolo 8 della stessa Lettera Paolo descrive un’intima inquietudine, una aspettativa struggente che – si può presumere – è fonte dello zelo.

Si può ritenere che una comunità spenta, inerte, ripetitiva, che una persona rassegnata, seduta, che cerca riparo dai fastidi e dalle invadenze siano vicende in cui lo Spirito incontra le resistenze della carne.

«A tutte le genti, perché giungano all’obbedienza della fede»

L’intenzione di Dio, rivelata in Gesù Cristo, è di salvare tutti. La dimensione universale della missione risulta una intenzione velleitaria. La storia della missione dice sempre di una presenza minoritaria, di una pratica irrilevanza della rivelazione del mistero e anche di una chiusura dell’orizzonte dei cristiani e della Chiesa. Il Vangelo non ha raggiunto tutti gli uomini, in alcuni Paesi ha dato origine a una “civiltà” che ha scritto la storia, la letteratura, l’arte, le scienze, la politica; in altri Paesi non è mai arrivato; in altri Paesi è stato annunciato e poi respinto, perseguitato con ogni sforzo per cancellarne le tracce.

Come interpretare la situazione nel nostro Paese? Che forma assume «l’ordine dell’eterno Dio» e il mandato di Gesù «fate discepoli tutti i popoli»?

Le vie che le Assemblee sinodali decanali sono chiamate ad aprire hanno l’intenzione di annunciare a tutti il Vangelo. Le vie del Vangelo si chiamano con nome diversi e non si riducono mai a iniziative e cose da fare. Piuttosto le immagini usate da Gesù suggeriscono i percorsi del piccolo seme, del lievito, del sale, della luce, della città. Sono immagini che aprono a molte possibilità. Il cammino è solo iniziato. Avremo la perseveranza di spingerci oltre?

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