Ridistribuiti 23 profughi fatti sbarcare a Genova dopo la disponibilità della Cei all'accoglienza. Gualzetti: «Come nel caso Diciotti e Sea Watch la propaganda prevale sulla politica. Abbiamo bisogno di soluzioni lungimiranti condivise con i Paesi europei rispettose dei diritti umani»

migranti-africa-italia-755x491

Sono arrivati giovedì sera, 27 giugno, a Milano i profughi sbarcati il 2 giugno dal pattugliatore Cigala Fulgosi a Genova e assegnati da Caritas Italiana alle diocesi lombarde. Sono 23 giovani tra i 29 e i 17 anni, di differenti nazionalità africane: Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea, Gambia, Nigeria, Sud Sudan.
Partiti in pullman da centro di Rocca di Papa fuori Roma, dove erano stati accolti insieme agli altri migranti giunti nel porto del capoluogo ligure, hanno fatto tappa nel centro “Casa Suraya”, alla periferia della città. Di questo gruppo, 17 hanno proseguito il viaggio verso Venegono Superiore (Va), 3 per Brescia, 3 a Bergamo.
Nel Comune del Varesotto saranno ospiti per almeno un anno nell’istituto dei Padri Comboniani, a Bergamo nel centro “Accademia dell’integrazione”, a Brescia in alcuni appartamenti della rete parrocchiale.
A tutti loro sarà offerto vitto, alloggio, corsi di alfabetizzazione e percorsi di formazione professionale. I costi dei progetti di accoglienza saranno interamente a carico della Conferenza Episcopale Italiana.
Si conclude in questo modo un’odissea iniziata alla fine di maggio. Il gruppo dei migranti accolti in Lombardia, insieme agli altri ridistribuiti nelle altre diocesi italiane fa parte dei 100 naufraghi soccorsi al largo delle coste libiche dalla nave della Marina Militare Italiana e fatti sbarcare dal Ministero dell’Interno solo dopo l’intervento dei vescovi italiani che avevano espresso la loro disponibilità a farsi carico dell’accoglienza.
«Questa vicenda dimostra ancora una volta che piuttosto che fare propaganda la politica deve esercitare il suo compito che è quello di trovare delle soluzioni lungimiranti e condivise –osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas ambrosiana –. Si preferisce alzare la voce, ingaggiare braccio di ferro con i nostri vicini di casa, giocando cinicamente sulla pelle di disperati, piuttosto che individuare nuove regole lungimiranti, condivise nelle sedi opportune, che sono le istituzioni europee. Il risultato è che ogni volta si ripete la stessa storia. L’estate scorsa era la Diciotti, il mese scorso Genova. Ora abbiamo il caso Sea Watch che mette tutti di fronte all’imperativo di soccorrere e poter mettere in sicurezza immediatamente i naufraghi, rispettando gli impegni del diritto internazionale che pone al primo posto la salvaguardia della vita. In questa latitanza, dobbiamo essere grati ai nostri Vescovi che così come negli ultimi anni continuano a offrire strutture e soldi, anche in questo momento difficile, per tentare di risolvere i problemi guardando soprattutto alle persone».

Ti potrebbero interessare anche: