Membro “dossettiano” dell’Istituto secolare Cristo Re, per molti anni gestore del luogo che accoglie le spoglie di Giuseppe Lazzati, è scomparso il 26 marzo scorso a Monza
Molti in diocesi hanno conosciuto Antonio De Cesaris, dagli anni Cinquanta ai primi anni Novanta gestore inappuntabile dell’Eremo San Salvatore sopra Erba, luogo che dal 1988 accoglie i resti mortali del venerabile Giuseppe Lazzati. Nato il 30 dicembre 1924, De Cesaris è deceduto il 26 marzo presso la Casa di riposo San Pietro di Monza, dove si trovava ospite dal 2009.
Iniziò a lavorare da adolescente in un negozio di sartoria e merceria, dopodiché fu assunto come impiegato amministrativo all’Ospedale della sua città, rimanendovi sino all’età della pensione. Dal nativo quartiere San Gerardo di Monza, a fine anni Ottanta si trasferì nel vicino Comune di Villasanta.
Come per molti della sua generazione, la formazione cristiana, oltre che in famiglia, ebbe l’alveo naturale in parrocchia, partecipando alle funzioni liturgiche, alla vita dell’oratorio e della sezione della Gioventù di Azione Cattolica.
Dopo la guerra, la Giac lo vide attivo protagonista. Fu membro del Cenacolo, il gruppo dei giovani di Ac, promosso nel 1936 dall’allora assistente diocesano don Ettore Pozzoni insieme con il presidente Giuseppe Lazzati, che impegnava gli aderenti (e li impegna tutt’ora, essendo tale esperienza ancora viva) in un robusto cammino spirituale e di discernimento vocazionale.
All’interno di quel contesto, Antonio maturò la propria vocazione di laico consacrato, che ebbe conferma e sviluppo nell’Istituto secolare “Milites Christi” (poi “Cristo Re”), fondato nel 1938 da Lazzati. Vi fece la prima professione il 29 ottobre 1950 e quella perpetua il 31 ottobre 1965.
Nell’iniziale esperienza entro l’Istituto fu particolarmente colpito dalla figura di Giuseppe Dossetti, per qualche tempo anch’egli membro del gruppo lazzatiano. Con lui Antonio coltivò un intenso rapporto amicale, continuando a seguirlo negli anni, quando cioè l’illustre studioso e politico s’indirizzò su altri percorsi vocazionali. Qualcuno ha giustamente osservato che De Cesaris, fra i lazzatiani, era il più dossettiano.
È anche bello ricordare che al termine del servizio a San Salvatore, Antonio, con slancio davvero generoso, aderì all’invito del cardinale Martini di supportare il gesuita Paolo Molinari nella gestione di una Casa di spiritualità (allora affidata alla diocesi) in località Tabga, sulla sponda settentrionale del lago di Galilea (là lo raggiunse la sorella Eurosia, come aveva fatto per tanti anni all’Eremo).
Conclusa l’esperienza in Israele, se ne tornò a Villasanta, ma, coerentemente con l’intera sua vita, si dispose a una nuova forma di diaconia, come volontario in quella Casa di riposo, dove, da assistito, avrebbe poi terminato la propria corsa.
Uomo di fede solida e robusta, unita a un temperamento deciso, potremmo dire “roccioso”, Antonio parlava più con i fatti che con le parole. Le quali, misurate e sapienti, non mancavano però al momento opportuno, come quando all’Eremo si trattava di richiamare qualche ospite poco rispettoso delle esigenze di silenzio ed essenzialità del luogo.
Amore di Dio, ascolto della Sua parola, fedeltà alla Chiesa, unitamente a sobrietà, impegno responsabile nel mondo, testimonianza evangelica sono stati tratti distintivi e permanenti della vita di Antonio De Cesaris. Che restano come riferimenti d’inesauribile valore.