Il Vicario episcopale: «L’osservanza delle normative è doverosa, ma non deve prevalere. Tutta la Diocesi accompagna le comunità e raccomanda loro uniformità di comportamenti»
di Annamaria
BRACCINI
L’Arcivescovo, all’inizio dell’Anno pastorale, ha richiamato l’attenzione sulla ripresa, anche in Diocesi, della celebrazione dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Ma come leggere tale riavvio e con quali cautele? Don Mario Antonelli, vicario episcopale per la Celebrazione dei Sacramenti, fa il punto sulla questione. «Avevamo già prospettato questa ripartenza all’inizio dell’estate, esortando i parroci e gli operatori pastorali, a procedere senza paure e senza lasciarsi “irretire” da una, peraltro doverosa, osservanza di normative che possono apparire talvolta onerose e faticose. Quindi, tutta la Chiesa ambrosiana, a partire dalla persona dell’Arcivescovo fino agli uffici di Curia, continua in questa opera di accompagnamento proposto alle comunità cristiane sul territorio».
C’è una preoccupazione specifica da porre alla base di ogni altra?
Sì, e a questa continuiamo a esortare. Occorre sottolineare che l’attenzione alle disposizioni che sono state concordate con le Autorità competenti in materia di sicurezza non prevalga e non finisca per soffocare la disposizione per eccellenza, che è appunto il disporsi delle comunità ad assecondare l’opera dello Spirito. L’importante è focalizzarsi, nella preparazione e nello svolgimento concreto, innanzitutto su quanto lo Spirito del Signore opera con i ragazzi – per loro, per le loro famiglie, per la comunità -, e su come tutte queste componenti vogliono e possono corrispondere a tale opera.
Questa ripresa va anche nel senso di un’uniformità. L’Arcivescovo l’ha detto chiaramente, anche per evitare antipatici confronti…
Sì, è una raccomandazione che abbiamo voluto evidenziare perché dettata dalla presenza – peraltro limitata -, di parrocchie che sembra non abbiano compreso, in modo corretto, le indicazioni già fornite a inizio estate, soprattutto relativamente a due questioni. La prima riguarda alcuni casi di comunità cristiane che hanno scelto di realizzare in una stessa celebrazione la Prima Comunione e la Cresima dei ragazzi, contravvenendo di fatto alle direttive; il secondo ambito riguarda, invece, i pochi parroci che, in base alla Nota per la Celebrazione dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana emanata dal Vicario generale, hanno celebrato o si apprestano a celebrare il sacramento della Cresima senza presentare in Curia la richiesta dell’autorizzazione a conferirla loro. Desideriamo che ogni parroco ricordi che presentare tale richiesta di facoltà straordinaria non è un fastidioso adempimento formale, ma è il segno di un’autentica e impegnativa comunione ecclesiale, nell’obbedienza al Vescovo.
In un contesto più ampio, di consapevolezza sacramentale, anche le norme devono essere quindi seguite con una logica diversa dal semplice adempimento?
Possiamo riconoscere che, se il tutto dovesse esaurirsi in un’osservanza formale, rischieremmo veramente di assecondare non già lo Spirito di Dio, ma il “nemico”. Ricordiamo che, per la grande tradizione spirituale, il nemico anzitutto rattrista e sappiamo bene che, quando si ha a che fare semplicemente con normative o disposizioni, il rischio è di creare e diffondere la tristezza, mentre lo Spirito di Dio porta alla gioia. Il nemico è lo spirito maligno, abituato a dividere le comunità, a creare malumori e contrapposizioni, anche rancorose: così come la norma in sé rischia di impaurire le comunità, al contrario, lo Spirito dona la pace e unisce. La ripresa vuole dire continuare a incentivare questa docilità allo Spirito di Dio. Docilità che, certamente – negli incontri, nella ripresa dell’attività catechistica e a livello celebrativo -, passa attraverso un’osservanza rigorosa alle normative vigenti, ma non si esaurisce in essa.