Il rettore dell’Università Cattolica “rilegge” l’omelia pronunciata dall’Arcivescovo: «Ho molto apprezzato il suo invito ad “alzare lo sguardo”»
di Annamaria
BRACCINI
La ricerca di un confronto autentico, l’invito ad “alzare lo sguardo” con la volontà di non cedere al pensiero scettico e guardando con speranza ai giovani e al futuro. Sono questi i temi sui quali il rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli, torna approfondendo l’omelia pronunciata dall’arcivescovo Mario Delpini, nel giorno del suo ingresso solenne in Diocesi.
Qual è la parola che l’ha colpita maggiormente nell’omelia del nuovo arcivescovo di Milano?
Tra le tante parole simboliche – quali «fraternità» e «gloria», che compare anche nello stemma episcopale -, mi ha suggestionato l’impiego reiterato, nella prima parte dell’omelia, del verbo «riconosco». È la voce del Pastore che si rivolge al suo popolo, che egli conosce nelle sue molte dimensioni e articolazioni, e che, soprattutto, ri-conosce. Questa scelta lessicale e stilistica determina un capovolgimento di prospettiva: dinanzi alla città, solennemente raccolta per incontrarlo e attestare pubblicamente il suo ruolo di guida della Chiesa di Milano, il successore di Ambrogio si è voluto presentare con un atto intrinsecamente dialettico, che – come ha illustrato Paul Ricoeur sintetizzando i “percorsi” filosofici del concetto evocato dall’Arcivescovo – implica reciprocità. Si è trattato di un segno di profondo rispetto verso le persone alle quali si rivolgeva e, nel contempo, l’invito a ricercare un confronto autentico e tra pari.
L’Arcivescovo chiede a tutti – istituzioni, credenti di ogni fede, persone in ricerca – un “patto” in vista di una corresponsabilità lungimirante vòlta alla costruzione della società. Crede che sia possibile? Come i cristiani possono contribuire?
Ritengo di sì, e ho molto apprezzato l’invito di monsignor Delpini ad “alzare lo sguardo” senza cedere al dilagante “pensiero scettico”. L’approccio richiesto ai cattolici è quello indicato da papa Francesco al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, quando disse che «questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli». Ci vuole coraggio e si deve comprendere che non è più possibile agire secondo i vecchi stilemi. Del resto, la stessa esperienza dell’Università Cattolica costituisce un caso significativo di lungimiranza costruttiva: sorta in una fase storica critica e in un clima culturale non favorevole, seppe reagire positivamente alle difficoltà guadagnando autorevolezza e prestigio sociale con la qualità del proprio lavoro, e contribuì allo sviluppo dell’intera società italiana grazie alle decine di migliaia di laureati che hanno arricchito il capitale umano e sociale del nostro Paese.
Nella convinzione che l’amore di Dio rende ognuno capace di amare, dalla riflessione di monsignor Delpini nasce anche una precisa indicazione a guardare con speranza al domani e ai giovani. Una consegna anche per il mondo universitario?
Senza dubbio. Il mondo dell’alta istruzione e della ricerca scientifica deve formare individui responsabili, oltre che studiosi rigorosi e professionisti competenti, contribuendo al progresso della conoscenza e valorizzando, in ogni momento, la dignità e la irripetibile peculiarità di ogni persona. Dobbiamo trasmettere ai nostri studenti la ragionevole e fondata convinzione che l’opportunità di studiare non rappresenta solo un vantaggio individuale, ma anche un dono utile per contribuire al bene delle altre persone e alla cura di quella grande «casa comune» che coincide con l’intero Creato.