L’intuizione del cardinale Montini alla base della loro istituzione: «Siete chiamate per aiutare il mio ministero pastorale»
di Barbara
Olivato
Per grazia anche noi Ausiliarie diocesane ci troviamo dentro la storia di santità del vescovo e papa Montini. È per lui – per la sua profonda lettura del tempo, per il suo attento ascolto dello Spirito e per il discernimento condiviso con alcuni sacerdoti – che il nostro carisma oggi è riconosciuto come dono che il Signore fa alla Diocesi (Sinodo 47°, n. 458 § 3).
Egli giunse a Milano negli anni che precedevano il Concilio, quando nella società si scorgevano i segni della secolarizzazione e la Chiesa si interrogava su nuove modalità di vivere e di annunciare la fede. Lasua riflessione, come Vescovo, andava contemplando la partecipazione al suo ministero pastorale da parte dei laici, in particolare delle donne. Era un’idea condivisa; nel Novecento nacquero realtà di impegno pastorale al femminile: in Francia le Auxiliaires de l’Apostolat, in Germania le Seelsorgehelferinnen, in Spagna le Seῆoritas Parroquiales. Anche in Italia e anche nella nostra Diocesi, ancora prima che nascesse il nostro Istituto.
Il cardinale Montini se ne interessò, tenne contatti con tutte le realtà e, a partire dal 1957, iniziò un confronto con alcune figure di riferimento vocazionale: il vescovo ausiliare monsignor Sergio Pignedoli, il rettore del Seminario monsignor Giovanni Colombo, l’assistente diocesano della gioventù femminile di Azione Cattolica monsignor Enrico Assi, il padre spirituale del Seminario e superiore degli Oblati Diocesani don Giuseppe Zanoni e alcuni prevosti della Diocesi.
Nel 1958 scrisse al Nunzio apostolico in Germania: «La Parrocchia ha bisogno del servizio di Donne ben istruite consacrate a Dio». E nel 1961 a don Zanoni: «La nostra Diocesi ha bisogno di donne consacrate, che si offrano per il servizio pastorale nelle Parrocchie». Quest’ultima lettera, già a noi cara perché diede il primo avvio all’istituzione della nostra Famiglia, assume oggi nuova importanza perché fa parte dei documenti depositati dai testimoni diocesani per la causa di canonizzazione di Montini.
Egli volle condividere la sua intuizione anche con le giovani di Azione Cattolica e con le suore negli incontri diocesani, quasi ad allargare il gruppo delle persone coinvolte nel discernimento.
Nel 1955 all’Azione Cattolica diceva: «Siete chiamate per aiutare il mio ministero pastorale […]. Vi chiamo collaboratrici all’apostolato gerarchico; voi siete a me aiuto in questo Ministero grande di salvare le anime, di rendere cristiane le nostro popolazioni. Tale compito vi ha rivestite delle nostre responsabilità di sacerdoti; anche a voi è stato esteso il mandato di Cristo».
Nel 1961 alle consacrate operanti in Diocesi diceva: «Vi innesterò in tutta la mia fatica per salvare e santificare il mondo […]. Voi siete chiamate a diventare le collaboratrici di questa superiore carità […], nell’apostolato pastorale della Chiesa. Diventate anche voi, lo dico con una parola vecchia che ha avuto tanti significati, ma che ora può riacquistare il suo significato naturale, etimologico e innocente, diventate le “diaconesse” della Chiesa di Cristo, cioè le ministre. Anche voi vi avvicinerete all’altare, alle anime, alle chiese nelle quali si raccoglie il popolo di Dio. […]. Diverrete, nei vostri piccoli chiostri, nei vostri piccoli gruppi, il sale della terra e la luce del mondo, come lo sono i sacerdoti. Diventerete veramente le collaboratrici della Chiesa che vuole santificare e salvare il mondo».
Egli intuiva la necessità di una nuova presenza femminile nella Chiesa di Milano, anche a causa della diminuzione del numero delle suore e del loro impegno nelle opere derivanti dal carisma. Divenuto Papa, non poté seguire la nascita del nostro Istituto, ma lo fecero il suo successore, il cardinale Giovanni Colombo, e don Giuseppe Zanoni, coinvolti fin da subito nell’ascolto dello Spirito e nel discernimento dei bisogni pastorali della Diocesi.
L’intuizione di Montini restò fondante: partecipare, in forza della consacrazione, alla cura del Vescovo per la Chiesa locale. Molte giovani si riconobbero in questo carisma e negli anni successivi nacque il nostro Istituto, che fu riconosciuto il 6 agosto 1979, a un anno dalla sua morte.
Si iniziò a parlare, anche per la vita consacrata, di diocesanità e di carità pastorale. Infatti la Chiesa ambrosiana, che ci è madre, si fa per noi luogo della vocazione e orizzonte del nostro servizio. Il Vescovo è il nostro superiore; non abbiamo un’opera nostra da portare avanti, ma assumiamo quella che egli conduce e ci affida, in una Chiesa che vede impegnati con lui presbiteri e laici, nella dedizione “a tutti”. Incontrate le nostre piccole comunità laddove la gente chiede la fede, dove ci sono i giovani, i poveri e i sofferenti.