Monsignor Tremolada: «Un’esperienza di sinodalità». Luciano Gualzetti: «Fortissime le parole del Papa». Silvia Landra: «Emersa un’idea di concretezza»
Un’esperienza di comunità, di confronto, di crescita. Giudizi positivi dagli ambrosiani che hanno partecipato al Convegno ecclesiale di Firenze.
Il vescovo ausiliare e vicario episcopale monsignor Pierantonio Tremolada prova a rileggere tutto il percorso dell’evento: «Un grande peso l’ha avuto il discorso del Papa», sottolinea. E ricorda l’invito formulato dal Pontefice con tre parole-guida sull’evangelizzazione: umiltà, disinteresse, beatitudine. «Questo è lo stile dell’evangelizzazione – afferma -. Questa l’indicazione guida». E aggiunge che il Pontefice ha chiesto di «riprendere la riflessione tenendo conto dell’Evangelii Gaudium, di usare questo testo come linea guida nel rapporto tra Vangelo e Umanesimo». Tremolada è stato «ben impressionato dal clima complessivo, dal coinvolgimento dei delegati. Abbiamo vissuto un’esperienza di sinodalità, come è emerso dalla prima relazione di monsignor Nosiglia, che è stato un invito a lavorare in modo che ciascuno desse il proprio contributo». Più di un evento ecclesiale, dunque: «Ci siamo sentiti Chiesa. Ho apprezzato molto l’alternanza tra la proposta diretta delle relazioni e i lavori di gruppo, molto intensi e fecondi. Una bella esperienza ecclesiale, di ascolto condiviso, una lettura attenta di ciò che lo Spirito ci sta dicendo».
Per Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas Ambrosiana, si è trattato di «un grande momento di Chiesa, con tantissimi contenuti. Il metodo dei tavoli di lavoro ha consentito a tutti di dire qualcosa». Gualzetti ha partecipato al tavolo di lavoro sul tema dell’Abitare: «Abbiamo parlato delle situazioni, della pastorale, degli strumenti. Di come abitare le periferie in una visione di Chiesa in uscita. È stata un’esperienza arricchente». E le parole del Papa? «Fortissime».
Entusiasta la presidente di Azione cattolica Silvia Landra: «È stato molto bello il clima che si è creato dopo questi giorni di sperimentazione sinodale. Ci si chiedeva come avremmo fatto in 2500 a lavorare in piccoli gruppi da dieci. E invece è stata un’esperienza molto intensa. Il clima complessivo era quello di un contesto in cui ciascuno si è sentito molto coinvolto in una lettura partecipata di che cos’è la Chiesa in uscita a cui ci esorta papa Francesco». E conclude: «Sta diventando significativa poi la sottolineatura dell’umanesimo concreto. Papa Francesco ha detto: “Non siamo qui a fare teoria dell’umanesimo, ma a far parlare i vissuti. Più a formulare domande che a dare risposte”». E questo della concretezza «è un tema che interroga le persone. Anche i linguaggi utilizzati nel confronto erano positivamente condizionati dall’idea di concretezza: “Che cosa può dire la mia vita nella Chiesa di oggi?”. Come laici dobbiamo contribuire a costruire una Chiesa di esperienze, senza avere paura di portare anche la nostra fragilità».