Monsignor Paolo Martinelli, delegato Cel, presenta il convegno in programma il 28 ottobre all’Angelicum di Milano: «Rileggeremo l'esperienza della pandemia e rifletteremo sulla riforma del sistema sanitario in corso in regione. Forme di prossimità sul territorio sono necessarie, la Chiesa può interagire con le istituzioni sulla base della solidarietà e della sussidiarietà»

di Luisa BOVE

Monsignor Paolo Martinelli
Monsignor Paolo Martinelli

Ai vescovi lombardi sta a cuore la salute della gente e la prossimità sul territorio. A conferma di questo giovedì 28 ottobre la Pastorale della salute della Conferenza episcopale lombarda organizza a Milano il convegno «Essere prossimi alle fragilità. Chiesa creativa». Ne parliamo con il delegato Cel monsignor Paolo Martinelli.

Perché avete pensato a questo convegno?
Sono due le occasioni fondamentali che convergono in questo appuntamento. Da una parte c’è la questione dell’emergenza sanitaria di tutti questi mesi a causa del Covid: il desiderio della Chiesa è quello di rileggere questa esperienza, soprattutto attraverso le realtà sanitarie e socio-sanitarie ispirate alla fede cristiana. Racconteranno ciò che hanno attraversato in questo tempo, anche gli aspetti positivi e la grande dedizione degli operatori, e ciò che possiamo imparare da questa esperienza per affrontare il futuro.

E poi?
Dall’altra vogliamo dare il nostro contributo alla revisione che la Regione Lombardia sta facendo dal punto di vista del sistema sanitario. Si sta infatti rivedendo l’ultima riforma (legge regionale 23/2015) e ora c’è una grande attenzione alla presenza del reticolo sanitario sul territorio. Non ci sono solo le malattie acute, tipiche degli ospedali, ma occorre quell’accompagnamento nell’ambito della cronicità e della vicinanza del mondo sanitario alle persone, alle famiglie, agli anziani in particolare portatori di più malattie. Ci domandiamo come la Chiesa, attraverso gli enti che si ispirano alla fede cristiana, può interagire con la riforma.

Insomma, ai vescovi lombardi sta a cuore la salute pubblica…
Proprio così, la salute della gente e l’attenzione alla capillarità. Il sistema ospedaliero è molto buono e molto forte, però c’è anche bisogno di una vicinanza sul territorio. La riforma sanitaria tende molto a questo e deve riconoscere quelle strutture intermedie che rispondono al criterio della prossimità alle famiglie e alle situazioni di cronicità che non necessitano più della cura ospedaliera diretta, ma ancora di una presenza specialistica in ambito sanitario.

Il convegno è diviso in due sessioni. Quali saranno i contenuti?
La prima sessione mette in evidenza il proprium del contenuto che la Chiesa – attraverso varie esperienze di carismi nell’ambito della salute, della cura e dell’assistenza – può esprimere, in modo particolare nel mondo del non-profit ispirato alla fede e anche di altre matrici culturali. Recuperare il valore della sussidiarietà, per dire come dal basso, dai carismi e aggregazioni di persone, si può effettivamente trovare una grande ricchezza per mostrare questa prossimità a quanti sono nel bisogno dal punto di vista della salute. Intrecciare quindi il tema del welfare con quello della sussidiarietà, dell’impegno della Chiesa nel mondo della salute.

E la seconda sessione?
L’idea è quella di mettere in evidenza il nostro specifico, quindi la dimensione della carità, della prossimità e dell’attenzione alla persona. Quindi non solo di fornire un servizio professionalmente ineccepibile, ma di mostrare in tutto questo l’amore e la vicinanza al malato in tutte le sue dimensioni: fisico, psicologico, spirituale, relazionale. Attraverso l’aspetto spirituale, che riguarda tutti coloro che curano, i familiari, il personale, diventano più umani anche gli atti terapeutici e clinici. Nella seconda sessione faremo anche la rilettura della situazione del Covid, offrendo una narrazione nuova, perché all’inizio sono stati messi in evidenza solo gli aspetti problematici, dimenticando il grande impegno e generosità degli operatori in una situazione enigmatica e drammatica. Quindi tutti dobbiamo umilmente rileggere l’esperienza e imparare da questa per affrontare il futuro in modo diverso.

A quali condizioni l’emergenza dovuta al Covid può diventare occasione per creare maggiori sinergie tra Regione Lombardia e realtà come Sacra Famiglia, Don Gnocchi e strutture non profit?
I criteri sono quelli della solidarietà e della sussidiarietà. Da una parte riconoscere che «siamo tutti sulla stessa barca», come dice papa Francesco, e che da un’esperienza così se ne esce solo insieme: quindi vanno valorizzate tutte le risorse sul territorio in un orizzonte di solidarietà e non concorrenza in senso negativo ed egoistico. Dall’altra c’è la sussidiarietà, con la valorizzazione dal basso delle realtà. Penso a una relazione edificante tra gli enti protagonisti del mondo della salute: la chiediamo anche alla Regione Lombardia partendo dal criterio della sussidiarietà, perché siano valorizzate le diverse presenze con le loro caratteristiche. La Chiesa vuole dare il suo contributo attraverso gli enti che nascono dalla carità di preti, religiosi e religiose che hanno dato vita a opere sanitarie e assistenziali, stando vicino agli ammalati.

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