Secondo il Vicario generale è questo l’aspetto più rilevante del Direttorio, promulgato il 4 novembre e consegnato simbolicamente dall'Arcivescovo alla Diocesi nella quarta domenica d’Avvento
di Annamaria
Braccini
«Il Direttorio continua il cammino fatto in questi trent’anni, da quando il cardinale Martini avviò le prime riflessioni sulla pastorale d’insieme nella Chiesa. Chiesa che, col Concilio Vaticano II, si è riconosciuta come comunità in cammino, cattolica, aperta cioè alla missione, superando la visione di una parrocchia autosufficiente in tutto». Così il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi. definisce il documento sulle Comunità pastorali, che oggi in Duomo viene consegnato simbolicamente ai Consigli pastorali (leggi qui).
Un cammino di riflessione e realizzazione concreta che non si è mai arrestato, portando all’attuale presenza di ben 192 Comunità, con 656 parrocchie coinvolte…
Certamente si è andati avanti su questa strada. È stato, infatti, il cardinale Tettamanzi, nell’omelia del 13 aprile 2006, Giovedì santo, a introdurre la realtà di un modello particolare di unità pastorale, denominato Comunità pastorale. Nel 2013, poi, anche il cardinale Scola è intervenuto sul tema.
La presentazione del Direttorio all’interno di una celebrazione vuole sottolineare la logica di pastorale d’insieme?
Sì. Il documento è già stato presentato ai Decani il 4 novembre scorso, perché sono stati loro che hanno maggiormente elaborato il testo, che verrà poi presentato ai presbiteri responsabili delle Comunità il 19 gennaio 2023. Tuttavia ci è parso giusto proporlo anche a tutto il popolo di Dio, soprattutto a chi fa parte dei Consigli pastorali, in particolare ai laici e ai consacrati. L’Arcivescovo motiverà le ragioni di questa sua scelta, che caratterizza il nostro cammino diocesano dentro il percorso più ampio delle Assemblee sinodali decanali e nella stagione sinodale che la Chiesa sta vivendo.
Qual è il legame con questi due cammini sinodali?
Le Assemblee sinodali decanali rispondono alla domanda su come possiamo essere missionari nel territorio in cui viviamo – in concreto il Decanato – a partire da un ascolto dell’esperienza dei cristiani che nei diversi ambienti di vita testimoniano il Vangelo. Il discernimento di ciò che lo Spirito indica condurrà alle scelte missionarie e formative che riguardano ad extra la vita delle parrocchie. Con il Direttorio si guarda, invece, al cammino delle Comunità pastorali-parrocchie che insieme custodiscono la presenza capillare, tra le case, della Chiesa che celebra l’Eucaristia, educa i giovani a comprendere la vita come risposta a una chiamata, che si fa prossima ai poveri e fragili, che crea legami di fraternità e anima la vita dei quartieri o dei paesi. In particolare il Direttorio indica i compiti distinti e collaboranti dei Consigli pastorali e della Diaconia: compiti non di gestione, piuttosto di valorizzazione dei doni e di incoraggiamento missionario. Nel prossimo futuro rifletteremo, anzitutto con i Decani, sul rapporto e il coordinamento tra le parrocchie nel Decanato, e gli strumenti che si possono mettere in atto.
Qual è l’aspetto di questo Direttorio sul quale ritiene che si debba insistere di più?
Sulla missione vissuta con gioia e scioltezza. L’Arcivescovo sottolinea che il tema della missione ispira e unifica, permettendoci di affrontare anche momenti provvisori e ancora non del tutto chiari nel loro svolgersi. È la missione che ci spinge, il desiderio di comunicare il Vangelo a ogni uomo e donna e mostrare con gesti e parole che siamo chiamate a essere fratelli e sorelle tutti. Non è questione di singole organizzazioni, che pure devono essere precisate, ma di una Chiesa che dall’Eucaristia esprima la gioia del Vangelo.
Insomma, le Comunità pastorali non sono necessarie solo per l’oggettiva diminuzione dei sacerdoti, ma si tratta di promuovere un nuovo modo di essere, nel territorio, come Chiesa?
Questo è il punto. Rimangono le parrocchie, anche con il loro campanile e la loro storia; tra loro si scambiano dei doni, e si aiutano a essere vivaci; insieme si ascolta la Parola, si celebrano i Sacramenti e si crescenella carità per essere più missionari e attenti non alla sopravvivenza ma alle persone che Gesù desidera incontrare. Per questo lo Spirito santo suscita energie e servizi; ai presbiteri è chiesto non di fare tutto, ma di suscitare vocazioni e custodirne la fraternità.
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